La femminista [107]

femminista

Revisione del 29 aprile 2020 – Abbiamo già parlato di Carlo Tagliapietra, un neoricco veneziano col Rolex al polso, in un altro articolo, al quale vi rimandiamo per sapere chi sia il nostro  protagonista.

Carletto era scapolo perché, pur essendo molto generoso con sé stesso, non desiderava assolutamente esserlo con gli altri e soprattutto con le altre…

Un bel giorno,  viene invitato da Franco M., suo ex compagno delle elementari, ad un ricevimento pomeridiano, nell’ albergo gestito dallo stesso Franco M.

L’albergo è molto bello, famoso e situato al centro di Venezia. Franco fa le presentazioni a Carletto e, tra le altre persone, presenta anche Genoveffa Esposito, nota femminista, soprannominata Genny. Una immagine che assomiglia a Genny si può vedere nella foto dell’articolo: la sua foto vera e propria non può esserci, perché ogni volta che si prova a farle una foto, si rompe l’obiettivo.

Carletto, rivolto a Franco, sottovoce: “Madòna, che oròr… no vorìa che ła se copàsse pròpio dèsso…[Madonna, che orrore, non vorrei che si uccidesse proprio adesso…]

Ciao…

“Ciao…” dice Genny “il mio vero nome di battesimo sarebbe Geneviève, che francamente in francese suona meglio di Genoveffa ma, sia per comodità che per un arcaico e malcelato senso estetico, mi chiamano tutti Genny, il quale diminutivo è pur sempre sia la radice di Genoveffa come, ovviamente, di Geneviève…”

Carletto non capisce niente, se non che forse dovrebbe fare un complimento ma che complimento può fare a una simile persona? resterebbero gli occhiali, che sono comunque due orribili fondi di bicchiere: “Complimènti, Gèny, védo che ti ga dei ociài romàntici, a ła mòda…” [Complimenti, Genny, vedo che porti degli occhiali romantici, alla moda…]

Genny: “Sono passati i tempi in cui si comperava un’appartenente al gentil sesso con un complimento… la realtà delle cose fattuali è basata sulla sostanza e non  certo sull’ apparenza: inoltre, il superamento dell’attuale discrepanza tra i sessi lo imporrebbe e, per quanto riguarda il movimento femminista, a tutti gli effetti, lo impone, sia formalmente che sostanzialmente e questo lo possiamo affermare con sicurezza.”

Carletto non ha capito niente ma, mentre Geneviève parlava, s’erano avvicinati una decina di ospiti i quali, col bicchiere di Martini in mano, ascoltavano ed annuivano ammirati, commentando favorevolmente.

Carletto pensa: “Se ‘sta quà me ła pòrto drìo, i ła scólta tùti, mi tàso e sparàgno brùte figùre… e magàri i crède che ànca mi ła sàpia lónga…” [Se questa me la porto dietro, la ascoltano tutti, io mi taccio e risparmio brutte figure… e magari credono che anch’ io sia uno che la sa lunga…]

Carletto vuole approfondire le opinioni di Genoveffa, la quale così si esprime: “Noi femministe siamo per la parità assoluta tra i sessi e, nondimeno, per la libertà assoluta: se due, per qualsivoglia motivo, dovessero convivere, è sufficiente che uno dei due alzi un sopracciglio ed immediatamente, dico immediatamente… voilà! ognuno per la sua strada…”

Carletto: “Gény, quésta ła me piàxe pròpio: voilà! tùti par la so stràda sénsa tanti pracànti…” [ Genny, questa mi piace proprio: voilà! tutti per la propria strada, senza tanti piagnistei.]

Il giorno dopo, Genny si trasferisce in casa di Carletto. Quando Franco chiede come vada, Carletto risponde: ”Bastànsa ben, tànto a ła séra se destùa ła łùce...” [Abbastanza bene, tanto alla sera si spegne la luce…]

Dopo qualche mese, Carletto vuole fare un giro turistico in Thailandia: “Geny, mi ndarìa un meséto in Sìam; se ti vól végnar ànca ti, dàme do milióni cussì te prenòto el viàgio…”  [Genny io andrei un mesetto in Thailandia; se vuoi venire anche tu, dammi due milioni che ti prenoto il viaggio…]

“Non li ho.”

Carletto: “E ‘lóra vorà dir che se vedarémo da qua a un mése… me racomàndo la càsa…” [E allora vorrà dire che ci vedremo tra un mese… mi raccomando la casa…]

Dopo due giorni, la partenza. Arriva a Bangkok e in un night club trova una ragazza giovane, una geisha o qualcosa del genere, talmente splendida e talmente raffinata nelle dolci arti orientali del piacere, che decide di portarsela a Venezia.

Arriva nel pomeriggio, con la ragazza, all’albergo del suo amico Franco, il quale, quando vede la thailandese, rimane a bocca aperta, anzi, dirò di più: apertissima.

Carletto: “Dàghe ‘na càmera fìn domàn de matìna, a na cérta óra végno a tórla... ti sa, ła gèra soła e ła gavéva bisógno de aiùto…[Dalle una camera sino a domattina, a una certa ora verrò a prenderla… sai, era sola e aveva bisogno di aiuto.]

Franco, ridendo sotto i baffi, risponde che a lui non interessano gli affari dei clienti, basta che i documenti siano a posto, come effettivamente sembrano essere e che la stanza venga pagata in anticipo.

Carletto abbozza, paga, saluta, e se ne va a casa, dove trova Genoveffa:

Ciao… so péna tornà, go un piassér gràndo da domandàrte, Gèny… ti te ricòrdi… voilà! tùti par la so stràda’… ti lo gàvevi dìto ti e mi so sta al pàto… purtròpo, sarìa rivà el moménto, parchè gavarià trovà una… una persóna, insóma, so bén che ti no te intarèssa e che ti va via sénsa pracànti, so che ti xe ‘na feminìsta de fèro ma un minimo de spiegassión, de creànsa da pàrte mìa no ła stóna… mi de vìvar co do dòne no me la sénto.. no so modèrno cóme ti… ti dovarìssi pareciàr ła to ròba…” [Ciao, sono appena tornato, ho un grande piacere da chiederti, Genny… ti ricordi… voilà! ognuno per la sua strada’… lo avevi detto tu e io sono stato al patto… purtroppo, sarebbe arrivato il momento, perché avrei trovato una… una persona, insomma, lo so che a te non interessa e che vai via senza piagnistei, so che sei una femminista di ferro ma un minimo di spiegazione, di creanza da parte mia non stona… io, di vivere con due donne non me la sento… non sono moderno come te… dovresti preparare le tue cose…]

Genoveffa: “Ho capito, ho capito: comunque, non credevo così presto… vorrà dire che preparerò un po’ alla volta le mie cose… un po’ alla volta…”

Carletto: “Va benón, un póco a ła vòlta, va benón… no ocóre de córsa, par l’amór de Dìo, ghe mancarìa àltro… ti ga dìto ben… co ła càlma… ghe xe témpo… in fàti, a mi me bàsta che ti sìi fóra par domàn matìna bonóra…” [Va benone, un poco alla volta, va benone… non serve farlo di corsa, per l’amor di Dio, ci mancherebbe altro… hai detto bene… con la calma… c’è tempo… in effetti, a me basta che tu sia fuori per domattina di buon’ora…]

 

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