Coriandoli 23 [934]

Koriandoli23
Coriandoli 23. Questa volta, è abbastanza difficile…

Revisione del testo 8 ottobre 2021 ore 12:15 – Revisione delle immagini: 7 ottobre 2021 –

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Storiella veneziana puro sangue: per i non veneziani, le spiegazioni sono date subito sotto.

Venezia, campo de la lana.

Arriva un grillo parlante che si siede su una panchina pubblica, dove sta già seduta una vezzosissima tarma, dagli occhioni splendenti, che gli dà un’occhiata sensualissima.

Il grillo parla (per niente è parlante…) e le si presenta cerimoniosamente.

La tarma contraccambia il saluto con un sorrisone ma rimane un poco seduta lontano, per evitare apprezzamenti sul grillo tarmato.1

La tarma dice che abitava in fondamenta de la canfora  e che da poco si è trasferita in campo de la lana.2

Il grillo, invece, abitava in campo de le gate ed ora si è trasferito  pure lui in campo de la lana.3

Dice la tarma: “Mi sono trasferita perché il nome ‘canfora’ mi suscitava una malinconia che non so… e, invece, campo de la lana è perlomeno un nome ben augurante.” 4

Il grillo dice:

“Anch’io, signorina, abitavo in un campo  che mi suscitava immagini orribili e così mi sono trasferito in questo campo, dal nome ben augurante.5 Solo un grillo grullo poteva rimanere in campo de le gate6  ma io non sono un grillo grullo, sono un grillo parlante e, come tale, una volta abitavo a Firenze e mi era capitato di risiedere in via Collodi6. Dio ce ne scampi!”

Non la battutina7 solita ma, come grillo parlante, anche quello era un indirizzo poco piacevole… aggiunge: “Il grillo parlante, spiaccicato sul muro da una scarpa di quella testa di legno di Pinocchio, quello della storia, era il mio povero fratello…”.

La tarma dice: “Mi dispiace tanto e mi verrebbe voglia di avvicinarmi a lei… possiamo quindi definirci, almeno, dei commensali?” 8

Il grillo: “Se si avvicina, sarà per me un onore, lasci pure che parlino del grillo parlante e che dicano che sono un grillo grullo ma se la tarma ha due occhi come i suoi…”

Spiegazioni:

  1. A Venezia, quando uno ha una morosa che sta con lui solo per denaro, si dice “el ga ła tarma…[ha la tarma] nel senso che la fidanzata gli mangia tutto, come fanno le tarme con gli indumenti e tappeti di lana. Nella nostra storiella, la tarma si siede lontano dal grillo per evitare che i passanti possano pronunciare tale frase.
  2. La canfora è velenosa per le tarme, tant’è vero che si usa la canfora per scacciarle, le tarme. La canfora è un meraviglioso, enorme, alberone africano e l’essenza anti-insetti si trova nell’albero un poco dappertutto. Il campo della lana ricorda alla tarma un mangiare da regina.
  3. Il campo de le gate ricorda la gatta (ovvero il gatto ma una volta si usava il femminile, come per la tigre: notare che quasi tutti i vecchi proverbi hanno ‘gatta’ e non ‘gatto’). Il gatto è un incubo per i grilli, in quanto il gatto se li mangia come dessert. Per altro, anche i grilli mangiano lana, tessuti eccetera. Da notare che il campo de le gate non ha nulla a che fare coi gatti: il nome, originariamente, doveva essere ‘campo dei delegati’ pontifici, che, fino a quando la Repubblica di Venezia non offrì a Pio IV l’attuale Palazzo della Nunziatura (o dei Nunzi Apostolici), già Gritti, venivano ospitati nel vicino palazzo del gran priorato dell’ Ordine di Malta.
  4. Il trasferimento è quindi per evitare di ricordarsi continuamente della canfora ed in campo de la lana ci sarà pure della lana… altrimenti che campo de la lana sarebbe?
  5. Mutatis mutandis, lo stesso ragionamento, di cui al punto precedente, vale per il grillo. Nota nella nota: mutatis mutandis non significa ‘cambiarsi di mutande’, bensì ‘cambiando ciò che c’è da cambiare.’
  6. Via Collodi non è ben augurante per un grillo, in quanto Collodi ha scritto Pinocchio, nel quale libro si fa morire il grillo, per mano del burattino,  con una scarpata che lo spiaccica contro il muro.
  7. Dio ce ne scampi. Si narra che ci fosse un trattore, in quel di Venezia (in quel di Venezia un trattore non può essere una infernale macchina agricola, in quanto manca il presupposto della terra: pertanto, non può essere altro che un ristoratore) il quale era soprannominato ‘Dio’ e serviva agli avventori dei meravigliosi piatti di pesce. Si dice che fosse soprannominato così perché le sua arti culinarie, in materia di pescato, erano sopraffine. Ma lasciamo ogni indugio e veniamo alla battuta, la quale recita: “Dio, ce n’è scampi?”, ovvero ‘hai degli scampi da servire in tavola?’. Per tal motivo, in quel di Venezia, se si pronuncia la famigerata frase, si vedono dei risolini ironici. Nota nella nota della nota: abbiamo usato, or non è guari, la parola pescato, che si rifà all’intelligente uso spagnuolo di tale termine. Pescado es todo lo que se pone en la mesa, viniendo dal mar. [Pescato è tutto ciò che si mette in tavola, proveniente dal mare]. In effetti, lo scampo (nephrops norvegicus) è un crostaceo e non è un pesce, come noi italiani erroneamente diciamo, quando lo mangiamo. Gli spagnoli direbbero che si tratta di un pescato. Il castigliano (spagnolo) è una lingua molto precisa.
  8. Commensali, nel senso che entrambi mangiano lana.

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Il principe ereditario disse: “Io? fare il re? non sono all’ Altezza…”

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Due frasi ambigue, pronunciate allo stesso modo.

Frase 1:  Una tale ha detto: ah, la felicità…

Frase 2:  Un Natale addetto alla felicità…

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Il proverbio dice: Chi più spende, meno spende. Allora, mi voglio comperare una bellissima Ferrari a due posti, decapottabile. Praticamente, spenderò di più ma il proverbio m’ insegna che così spenderò molto meno, anzi: quasi niente. Meglio del reddito di cittadinanza! se poi mi consigliate una Lamborghini, io non andrei troppo per il sottile e accetterei il consiglio.

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Non sapeva decidersi: Alba ed Aurora erano due splendide ragazze e Rodolfo (il Guiscardo…) non era capace di decidersi su quale preferire. La prima, Alba, era bella e riservata. La seconda, Aurora, era bella ed espansiva. Tutti, pur di frequentare Aurora,  le davano sempre ragione e la assecondavano, tanto che, di soprannome, era chiamata ‘l’ assecondano’… soprannome strano. Per decidere, il Guiscardo pensò di vedere come avrebbero reagito ad un appuntamento strano. Diede pertanto il rendez-vous (questa volta in francese, per non ripetere ‘appuntamento’ due volte: in italiano, non esistono sinonimi di tale parola) ad entrambe,  sul molo di San Nicolò, al Lido di Venezia, al sorger del sole del primo giorno di primavera.

Egli si recò sul luogo stabilito, in modo da mettere le due ragazze a confronto, per cercar di capire quale gli piacesse di più…

Cosa successe?

Era l’alba del primo giorno di primavera… la prima v’ era: Alba…  la seconda, no… quella soprannominata ‘l’assecondano’… d’altronde, con quel soprannome, come poteva esserci? I latini dicevano: nomen, omen, come dire: il nome è un presagio, segna il destino per coloro che dormono per i desti, no. Il destino è riservato ai desti-no.

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Qui si parla di Corrado,
che veniva dal Mikado,
era sempre nel contado
che faceva capo a Grado.
Disse allora, suo malgrado:
“Questa volta, di buon grado,
me ne andrò sino a Belgrado”.
Tuttavia… ma non di rado,
quando il fiume impone un guado,
può travolgerti un tornado.

Disse: ”Vado e lancio un dado:
se vien testa, ballo un fado
e mi mangio un avocado;
se vien croce, è un eldorado:
vado infatti in vescovado
e, se trovo un pari grado,
che appartiene al parentado,
sulla vite metto un dado
col suo bravo controdado,
per negar lo stato brado.
Prenderò così un congedo,
perché allora, come credo,
mi rinnoverò l’arredo,
come dice il citaredo
che di nome fa Goffredo,
che ha una macchina torpedo
e si fa… carne allo spiedo.

Con notevole libido,
di costui io non mi fido;
preferisco andare al lido,
ricercare qualche sfrido
e così lanciare un grido.
Sono al lido… ma vi prego
di non dire ‘me ne frego,
di capir come un ripiego
vada fatto con sussiego,
fin che spunta un alter ego
che riceverà  un diniego;
con costui, proprio non lego:
mangerò biscotti Oswego
mentre un ramo morto sego.

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Tutte le parole con apice uguale sono anagrammi. Gli apici sono numerati da 1 a 6. Pertanto, ci sono sei anagrammi. Ad esempio, con apice 4 ci sono le parole ‘scodate’ e ‘codesta’, che sono anagrammi, cioè le stesse lettere invertite di posizione. Le frasi, ovviamente, non hanno molto senso ma questo è il lato buffo della cosa.

Saranno manie1 che emani1 inconsciamente… ma io menai1 le anime1 per ameni1 terreni2, onde mangiare3 in terrine2 tirrene2. Mi disse: emargina3 ciò che mangerai3 in codesta4 mangeria3 di bestie scodate4, carenti5 di cartine5 ceranti5 (che spargono cera). Io centrai5 la cernita5 dei canteri5 (recipienti per bere) e quella cretina5, sempre incerta5, stava in trincea5, recinta5 da narteci5 (cassette destinate a contenere unguenti), recanti5 oggetti crenati5 (con delle crene, delle tacche), creanti5 la dicitura: ‘se si deve cintare5, si cinterà5’. E così… prende una racchetta e la incorda6 alla moda nordica6, con burro rancido6. Facendo questo, si incroda6 e dice: qualcuno condirà6 il piatto… io candirò6 (farò diventare bianca) la racchetta: mi piacciono i candori6

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Limerick: Il secondo assedio arabo.

Se Rolando tornasse a Roncisvalle
Non potrebbe più starsene in panciolle
E qualcuno pensa già:
“Cosa mai succederà?
Certamente, ne vedremo delle belle.”

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