Le mance al Danieli [38]

danieli
L’Hotel Danieli, sulla Riva degli Schiavoni, probabilmente il più prestigioso di tutta Venezia. Lo sceicco occupava tutto il secondo piano e le guardie del corpo tutto il primo piano: non c’era altro posto per alcuno. Comunque il Danieli aveva libero l’altro fabbricato bianco, il Danieli Excelsior, che si intravvede sulla sinistra.

Revisione del 23 dicembre 2020 – Rimanendo in tema di mance, al fine di dare un’idea di come si vivesse a Venezia negli anni ’60,  racconterò questi altri fatti che sono veri, verissimi.

Siamo nel 1963 e sono stato assunto, un anno prima, da una banca molto grossa.

Dato che parlo bene le lingue (ero esercitatissimo, dato che avevo passato tre estati coi turisti, in gondola, a fare da cicerone), vengo assegnato ad uno sportello di Piazza San Marco, praticamente riservato ai turisti. Si cambiavano valute (monete estere) e traveller’s cheques (si può dire anche traveler’s, con una elle sola: assegno turistico in dollari, sterline, etc.).

Si cominciava alle 8:30 di mattina ed avevamo i turisti in fila, sempre, sino alle 17:15, quando si chiudeva lo sportello per fare i conti del lavoro giornaliero. Cifre mostruose, che i turisti spendevano nella più bella città del mondo. I turisti, dunque, prelevavano i contanti in varie valute, ma noi, in banca, non  eravamo quasi mai sprovvisti di valuta estera, per il semplice motivo che tale valuta veniva spesa in souvenirs nei negozi vicini o in colazioni nei ristoranti vicini: i soldi esteri, dati dai turisti ai negozianti e ai ristoratori, ci ritornavano, versati nei conti correnti. Incredibilmente, colui che faceva più affari era il banchettino microscopico di un armeno, che vendeva in Piazza San Marco, dalle sette di mattina alle nove di sera, le seguenti merci rare e pregiate:

  • Gondoline di stagno da 25 centimetri di lunghezza.
  • Cartoccetti di mais per i colombi della Piazza. (Cento lire al cartoccetto, quando di mais ci sarà stata, si e no, una lira.)
  • Bandierine di San Marco, col leone e il vangelo.
  • Cappelli di paglia col nastro rosso o blu, da gondoliere, con la scritta ‘Venezia’, “Venise”, “Venice”, “Venedig”.
  • Libretti con fotografie prestampate, asportabili dal libretto, di modo che, rientrando in patria, le stesse potessero sembrare scattate dal turista, se non era un bravo fotografo: una innocente scorrettezza.
  • Sfere di cristallo da dieci centimetri di diametro con dentro la Basilica e con l’effetto neve ottenuto ribaltando la sfera (spesso erano di vetro e si rompevano facilmente).

L’incasso (per non parlare del guadagno probabile…) era il più alto in assoluto, superiore di molto, anche rispetto ai negozi della Piazza che vendevano merletti di Burano o vetri di Murano.

Le cifre erano talmente elevate che le mie 60 mila lire al mese di stipendio facevano certe volte ridere e certe volte piangere…

S’imparava anche a conoscere i varî turisti: i più villani, tirchi e attaccati al centesimo risultavano essere sempre i cugini francesi, nonostante le mance che loro stessi pagano in patria. Gli inglesi, per non tradire la Pure cast [Casta pura], non potevano mostrarsi interessati ai dettagli, anche se lo avrebbero voluto fare. I tedeschi, avevano grossi problemi di lingua e di comprensione. I migliori in assoluto erano gli ebrei: intelligenti, cortesi, precisi, non accettavano mai una lira in meno ma nemmeno volevano una lira in più. I giapponesi sorridevano sempre ma erano dei furbacchioni. Cinesi, allora, mai visti. I più signorili erano gli indiani (nababbi ricchissimi) anche se in numero relativamente esiguo e, naturalmente, gli arabi.

Questa storia riguarda proprio uno Sceicco arabo, di nome XY.

XY veniva a Venezia, una volta ogni tre o quattro mesi, anche ogni sei mesi, essenzialmente per andare al Lido e giocare al Casinò. Sarebbe potuto andare, per esempio, vicino al Casinò, all’Hotel Des Bains al Lido, oppure all’Excelsior, sempre al Lido, albergo lussuosissimo e in meraviglioso stile moresco (era una volta la sede dell’ambasciatore ottomano) e invece no: andava al Danieli, sulla Riva degli Schiavoni. Prendeva le stanze di  tutto il secondo piano e di tutto il primo piano. mentre il secondo piano era occupato da XY, dalle mogli e dai figli, il primo piano era occupato dalle guardie del corpo: in pratica per tre o quattro giorni il Danieli non era accessibile. Sembra che anche la cucina fosse sottosopra e c’erano degli assaggiatori, per motivi di sicurezza.

Noi, dell’ufficio di Piazza San Marco, non sapevamo ufficialmente della visita di Sua Altezza (per evitare rischi di attentati) ma lo intuivamo comunque perché arrivavano le istruzioni di preparare i dollari per il Casinò: solo banconote nuovissime di zecca e in tagli da 50, 100 e 500 dollari. Io ero l’incaricato e, assieme a due commessi, dovevo fare in modo che il denaro pattuito fosse contenuto in due valigie metalliche, né troppo vuote, né troppo piene: se il denaro non ci stava, dovevamo cambiare le banconote da 50 con quelle da 100 o da 500. Se invece la cifra raccolta tramiti i turisti avesse lasciato spazio nelle due valigie, le banconote grosse dovevano essere sostituite con altre di taglio più piccolo, in modo da riempire le valigie stesse. Naturalmente, solo banconote nuove o nuovissime, altrimenti si comunicava alla sede centrale quali e quante fossero quelle da sostituire.

Poi, arrivava il gran giorno: verso le 12, ognuno dei due commessi si assicurava al polso con delle manette una delle due valigie in modo da avere una mano libera per una pistola. Il percorso a piedi durava dieci minuti circa. Veniva comunicata l’ora di partenza, sia alla Questura che alla Compagnia Assicuratrice. Io avevo i documenti che il segretario di Sua Altezza avrebbe controfirmato per ricevuta.

Arrivati al Danieli, io esibivo i miei documenti personali e quelli dei due commessi: i documenti venivano microfilmati e i commessi dovevano lasciare le armi alle guardie del corpo. C’era poi la perquisizione personale e il controllo del contenuto delle due valigie. Poi, c’era la salita in ascensore sino al secondo piano. Il segretario di Sua Altezza provvedeva ad aprire le due valigie, dopo aver liberato le manette dai polsi dei commessi e, data un’occhiata alle banconote, le controllava sommariamente e controfirmava i documenti. Mi sono chiesto molte volte cosa sarebbe successo in caso di mancanze rispetto al denaro pattuito… si sarebbero accorti? mah! dev’essere come per noi quando lasciamo briciole di pane sulla tovaglia: ce ne accorgiamo?

A questo punto arrivava lo Sceicco, sorridente, affabile: egli parlava con me in inglese e mi pregava di chiedere ai commessi se avessero fatto un buon viaggio (? dieci minuti… era ovviamente una domanda di cortesia…) e se avessero avuto problemi. Una volta rassicurato formalmente, lo Sceicco prendeva un fascio di banconote e le divideva circa a metà, dando la mancia ai due commessi, i quali erano già d’accordo: la cifra andava comunque divisa tra loro due esattissimamente in parti uguali. E a me, come capo-pattuglia e funzionario, niente: forse, pensava lo sceicco XY, avrei potuto anche offendermi se egli stesso mi avesse dato una mancia… ero il funzionario… per cui ricevevo solo una bella stretta di mano, un sorriso e un As-Salaam-Alaikum [Sia la pace su di te] al quale rispondevo col classico Wa-Alaikum-Salaam [Sia su di te, la pace]: di arabo, non so quasi altro.

La mancia era offensiva, per me che non avevo preso niente: anche mille dollari, che al cambio di 625 fanno 625000 lire, dieci mesi della mia paga… lire divise solo tra i due commessi…

Non abbiamo mai saputo se la cifra mostruosa delle due valigie andasse tutta spesa al Casinò. Meglio nemmeno saperlo…

Tornati in banca, l’argomento era, naturalmente, la mancia. Se la mancia era particolarmente elevata, gli apprezzamenti sul sedere dei commessi si sprecavano. Gli apprezzamenti duravano in tali casi anche due o tre giorni.

N.B.: Non so perché ma i commessi, quando veniva Sua Altezza, erano molto contenti. Forse ma è solo un’ipotesi, lo avevano preso in simpatia.

1 commento su “Le mance al Danieli [38]”

Lascia un commento