Baccara 37 [873]

RacheleFerrariVesti1
Ecco come si presentò Rachele quando Federico andò a prenderla a casa per portarla in automobile ad Abano Terme, a visitare l’albergo D della Zini spa.

Revisione del testo: 28 aprile 2021 14:05 Revisione delle immagini: 25 aprile 2021 –  Il venerdì precedente al sabato odierno, i due fidanzati si sentirono solo al telefono e Rachele rientrò a casa molto presto. Aveva deciso di prepararsi il seguente guardaroba:

Una tuta con un paio di pantaloni grigio chiaro e due tops dello stesso identico colore, uno se avesse fatto fresco (era settembre, ormai), accollato, col collo a dolce vita ed uno se avesse fatto caldo, scollato, con delle bretelline.

Un cappello floscio a tesa media del medesimo colore della tuta.

Una giacca a vento bianca, nel caso che non fosse bastato il top per il freddo.

Una camiciola nera in seta se fosse stato troppo caldo.

Un paio di scarpe bianche da trekking, senza tacco, con la suola in gomma.

Per la sera, un paio di pantaloni attillati in cuoio stampato a losanghe con un camiciotto bianco scollato e molto corto, con le maniche lunghe.

Un paio di sandali bianchi  come il camiciotto, tacco 8.

Due paia  di occhiali da sole.

Quando Rachele si presentò alle 9 sulla porta, Federico la attendeva e lei era vestita come nella foto: Cappello grigio, top grigio accollato (quello per il fresco), pantaloni della tuta grigi  e scarpe bianche senza tacco. Sopra il top aveva anche la giacca a vento pure bianca, portata con negligenza. Tutto bianco e grigio, quindi, tranne i capelli nerissimi. Faceva un vedere meraviglioso. L’espressione era volutamente imbronciata per accrescere il fascino. Tutta la roba di ricambio stava in un borsone spaventosamente grande, che Federico afferrò al volo, prima di baciare la fidanzata.

Federico: “Meravigliosa… sei meravigliosa… sembri una straniera… non so perché ma hai un piglio da straniera… speriamo che il vento della macchina aperta non ti porti via il cappellino… andiamo… e questo… questo è un borsone delle sette meraviglie…”

Rachele: “No… non c’è un gran che…” e spiattellò tutto il contenuto del borsone…

Federico: “Ma quando pensi d’indossare tutta quella roba?”

Rachele, ridendo divertita: “Non sapendo perfettamente il programma… devo essere pronta… devo batterti, almeno sui vestiti…”

In centocinquanta passi arrivarono al motoscafo che doveva portarli in Piazzale Roma. Toni guardò la ragazza con aria smarrita e disse, in italiano, una filastrocca del 1500, scritta da Giulio Cesare Croce: “Non c’è sabato senza sole… non c’è donna senza amore… non c’è lago senza chiarezza, né diamante senza lucentezza…”

Rachele lo interruppe, ridendo: “e non c’è asino senza cavezza…”

Sempre con aria smarrita, Toni guardò Federico e disse: No ghe mànca gnénte… ła xe bèła, ła  sa tùto… mègio no fiàr caìgo… [Non le manca niente… è bella… sa tutto… meglio non inseguire strani pensieri per niente… letteralmente: meglio non filare nebbia.]

Federico fece il suo dovere e tradusse a Rachele. Ormai, con Toni, era diventato un gioco… era la risata propiziatoria di un’ altra bella giornata.

Federico prese il telefono e disse: “Eccoci, Valerio… siamo là fra cinque minuti…”

Poi spiegò a Rachele che aveva chiamato il meccanico che seguiva nei garages la ventina di automobili della Zini spa.

Rachele, con finta stizza: “Ecco… non so nemmeno su che automobile dovrò salire, almeno sapere il colore… nemmeno quello… forse i vestiti saranno stonati… che automobile è? tanto, siamo quasi arrivati…”

Federico: “Che vestiti hai nel borsone? Tanto, fra un po’ li metterai…”

Rachele, ridendo e baciandolo: “Non ti dico un bel niente…”

Federico: “E nemmeno io…”

Intervenne Toni che aveva capito tutto: “Signorina… stia tranquilla che si tratta di un’automobile degna di lei, qualunque sia tra le venti o trenta che sono in garage…”

Rachele: “Ma cosa sarà mai… scommetto che è una Bmw 300 cabriolet…”

Toni: “Non perché si sia a Venezia, ma ha fatto né fuoco, né fuochino: ha fatto acqua, mare, oceano…”

Erano arrivati e dissero a Toni, salutandolo, che si sarebbero rivisti orientativamente verso la mezzanotte, dopo previa telefonata.

Entrarono in un garage molto luminoso. Un ragazzo con una tuta disse: “Buongiorno signorina, buongiorno conte, Valerio è andato a prendere il foglio da firmare per il ritiro della macchina. Viene immediatamente.”

RacheleFerrariRachele

Rachele vicino alla Ferrari col completo grigio accollato.

Nel girare lo sguardo, Rachele vide una Ferrari rossa e disse a Federico: “Che macchina… proprio bella… un bel colore… chissà che potenza…“ Nel frattempo, Federico si avvicinò proprio alla Ferrari, aprì il bagagliaio posteriore e vi depose il borsone della ragazza. Poi, attraverso il finestrino del pilota, che aveva il vetro abbassato, toccò un pulsantino sulle migliaia di pulsanti che si trovavano sul cruscotto. Immediatamente, con un ronzio leggero, si aprì uno scomparto della macchina davanti al bagagliaio, il tetto si sollevò ed entrò nello scomparto, poi lo scomparto si richiuse e la Ferrari, da berlinetta che era, diventò uno spider.

Rachele: “Federico… ma… la mia borsa… il tettuccio… andiamo via con la Ferrari…  non ci credo… era una Ferrari… non mi hai detto niente… dimmi qualcosa…”

Federico: “Non ho capito se ti piace o non ti piace… se non ti piace, Valerio ha pronta anche una vecchia Balilla…”

Rachele, ridendo incredula: “No… sì… meglio questa…  non sono mai salita su questi mostri… dimmi…”

Federico: “Ti dico quello che so:
Si tratta di una Ferrari 488 spider, motore biturbo V8, potenza 721 cavalli, 340 chilometri all’ora anche se io non ho mai superato i 130, bagagliaio da 170 litri, raggiunge i cento all’ora in meno di tre secondi, una cosa che toglie il fiato. Il tettuccio si può aprire e chiudere in corsa, se non si superano i 45 orari… ma quello che  mi piace di più è il rombo del motore. Le marce sono sette e puoi scegliere tra sei configurazioni di guida, girando un manettino:

Completamente manuale: cambio tradizionale sul tunnel, non l’ho neanche mai provato, perché bisogna essere piloti provetti. Dicono che sia una belva.

Cambio con frizione automatica e marce usando due levette sul volante.

Cambio come il precedente con sistema antipattinamento.

Cambio completamente automatico con motore spinto per prestazioni sportive.

Cambio completamente automatico con motore normale  per il pilota normale, come me.

Cambio completamente automatico con motore ridotto per neve e pioggia.

Su tutto questo, ci sono dei congegni per il blocco del differenziale…”

Si sentì una voce maschile alle loro spalle: “Perfetto! Manca solo il boot per avere maggior accelerazione… una cosa da provare… è quella levetta verde, vicino al manettino.”

Era Valerio, il quale aggiunse: “Signorina, buongiorno, piacere di conoscerla,  vedo che ha il cappellino ma non ha un foulard… però  ha il maglioncino col collo alto, che forse è meglio. Conte Federico, è tutto a posto. Come al solito, le consegno due paia di chiavi per sicurezza. Autonomia un migliaio di chilometri guidando normalmente. Se frustate la tigre l’autonomia si riduce a 350 chilometri. Una firma qui e una qui. Lei, il numero telefonico ce l’ha. Se dovesse succedere qualcosa, la signorina lo può trovare sulle due alette parasole.”

Ringraziarono Valerio, Federico consegnò una copia della chiave a Rachele che la mise in una borsetta microscopica.

Federico guardò Rachele che armeggiava con la borsettina e disse: “Bella… tu, non la macchina, è una vecchia battuta… mi sembri la padrona del mondo… se non ti dispiace, guido io sino ad uno spiazzo enorme, vicino ad Abano, dove prenderemo un caffè. Lo spiazzo è adatto per provare la macchina, per simulare un parcheggio e così via. Poi se te la senti, fino ad Abano guidi tu…”

Rachele non stava più nei pantaloni: “Sì… provo… grazie… “

Si avvicinò il ragazzo in tuta che aprì la porta del passeggero e disse: “Prego, signorina…”

Intervenne Federico: “No… la signorina sale al posto di guida e prova l’accensione.” Poi, rivolto a Rachele: “Vieni dalla parte del pilota, Rachele e schiaccia quel bottone nero grande con la scritta ‘Start – Stop’…”

Rachele stava per riaprire la borsettina mentre diceva: “Prendo la chiave…”

Federico: “Non serve. La macchina ’sente’ che c’è la chiave. Siediti comoda e schiaccia il bottone. Controlla che il freno a mano sia inserito… la macchina, alla partenza, va in folle da sola. Basta schiacciare il bottone e godersi il rumore. Poi, quando è accesa da tre secondi, prova ad accelerare.”

Rachele, emozionata, si sedette al volante, controllò il freno a mano… stava premendo il bottone quando si fermò di colpo  e disse, guardando Federico: “Provo? davvero? vado?”

Federico si era seduto sul posto del passeggero e disse, ridendo: “Prova… è in folle col freno a mano tirato… è solo per farti sentire il motore… guiderai dopo, quando saremo su quello spiazzo vicino ad Abano…”

Rachele schiacciò il bottone di messa in moto: sembrava un tuono profondo, come da belva pronta ad aggredire ma un poco addormentata.

Rachele strinse il volante e disse “Aaaaaah…” poi, accelerò: si sentì un urlo feroce e tutta l’autorimessa rimbombò. Rachele, un poco intimorita, disse: “Maaaammaaa… che belva…”

Federico si stava divertendo un mondo. Disse: “Ora, accelera un poco di più… poi premi il bottone di messa in moto che, questa volta, spegnerà il motore…”

Rachele accelerò di più… l’urlo feroce si trasformò nelle urla di dieci tigri scatenate. Rachele, intimorita, disse: “Mi… mi… mi fa paura… ora spengo…” e schiacciò il bottone Start-Stop.

Finito. Non c’era più da temere, la tigre era tornata a cuccia.

Rachele: “Tutto avrei pensato… Federico, vieni tu qui…”

Federico scese dalla macchina e si mise al posto di guida. Sistemarono le cinture di sicurezza, salutarono e Federico mise in moto. Poi disse a Rachele: “Userò il cambio completamente automatico con motore normale: inoltre, inserisco il marchingegno antipattinamento e la levetta verde per l’accelerazione entusiasmante, alla quale accennava Valerio. Se ti toglie troppo il fiato, la disinserisco.”

Rachele, molto attenta, disse: “Sì… dimmi, prima di accelerare…”

Con un dolce borbottio, la macchina inserì da sola la prima e la seconda sino allo stop. Federico disse: “Appena non c’è nessuno, usciamo dallo stop e accelero: tieniti pronta…”

Non c’era molto traffico. Appena non ci fu più nessuno, Federico prese la direzione di Mestre ed accelerò… Rachele sentì una mano che la spingeva sempre più forte sulla schiena, mentre il motore sembrava che volesse andare ancora più veloce.

Federico: “Meglio inserire il limitatore di velocità: sul Ponte della Libertà non si può superare la velocità di settanta.” Rachele era sbalordita. Disse: “Prendiamo l’autostrada?”

Federico: “Volevo farti vedere la Riviera del Brenta… passando per Stra, si vede la fabbrica del tuo futuro cognato… le Industrie Follin…”

Rachele: “Si… ma tu non hai un poco di timore di questa belva?”

Federico: “In realtà, com’è impostata adesso non c’è nessun pericolo.”

Rachele: “Col limite di 130 all’ora in autostrada… resta solo l’accelerazione…”

Federico: ”I clienti dei nostri alberghi vogliono provare il fascino della Ferrari… comunque, questa macchina è divertente in montagna. Voglio portarti a Cortina con questa o con la Lamborghini…”

Rachele: “Per il momento, basterebbe questa… la Lamborghini sarà ancor più cattiva…”

Federico: “Sì, penso di sì… forse anche troppo…”

Cominciarono a guardarsi le meravigliose ville venete della Riviera del Brenta, poi Federico disse: “Rachele, siamo quasi a Stra, fra un poco, sulla destra, vedrai la fabbrica di… eccola! la fabbrica di tuo cognato…”

Era una fabbrica abbastanza grande, con un giardino tenuto molto bene.

Arrivarono alle Padovanelle e presero per la Stanga, a Padova. Arrivati al Ponte sul Bacchiglione, seguirono i cartelli stradali per Abano Terme.

Rachele: “Certo che, quando fai un sorpasso, questa macchina finisce il sorpasso prima di cominciarlo… è veramente un gioiello…”

Federico: “Si… siamo prossimi allo spiazzo enorme di cui ti parlavo. Nello spazio c’è un bar molto chic: parcheggerò vicino al bar, faremo colazione e poi proverai la macchina.”

Così fece. Federico scese ed aprì la porta di Rachele, la quale si tolse il berretto antivento e sciolse i meravigliosi capelli nerissimi. Fecero colazione tra gli sguardi ammirati di tutti. Faceva molto caldo. Rachele approfittò di una toilette per togliersi il top accollato ed indossare una camicia nera.

RacheleFerrariGuida
Rachele sta facendo prove di parcheggio in uno spazio enorme, senza pericoli.

Con la camicia nera, risalì al posto di guida e, come si vede nella foto, cominciò a provare dei parcheggi simulati. Poi, presa una certa confidenza, si aggirò, a dieci o venti chilometri all’ora, per lo spiazzo. Provò le frecce, la frenata, la regolazione del sedile, gli specchietti, l’altezza del volante…

Federico: “Rachele, quando ti sembra che tutto sia regolato, schiaccia il bottone ‘new pilot’ sul cruscotto e poi schiaccia il numero 1. Io sarò il 2. Ogni volta che schiaccerai ‘old pilot’ e il numero 1 la macchina risistemerà tutto per te. Hai sistemato? bene… ora memorizza…”

Rachele: “Bello… questo però l’avevo già visto… vuoi che provi a guidare io? mi fai da navigatore?”

Federico: “Andiamo… all’uscita dello spiazzo, prendi a destra.”

Rachele: “Mi sembra molto docile… io, però, voglio andare piano…”

Rachele guidava con tranquillità anche perché aveva posto il limitatore a 60 chilometri all’ora… alcuni automobilisti la sorpassavano e guardavano la ragazza, con occhi stralunati.

Federico: “Questi qua… non avrebbero mai pensato di superare una Ferrari… ma quando, poi, ti vedono, guardano qualcos’altro…”

Rachele, divertita: “Stasera ai miei dirò che mentre ero al volante di una Ferrari la gente guardava me e non l’automobile…”

Federico: “Meno male che non ci sono quelli di Vip Veneto Vip, altrimenti verrebbe fuori un articolo lungo dieci pagine…”

Rachele portò la macchina fino al parcheggio dell’albergo D,  dove in un attimo si tolse la camicetta nera e si mise il top scollato.

Mentre Rachele si cambiava, Federico fece un salto nell’albergo per chiedere del direttore e comunicare che erano arrivati. Poi ritornò in cerca della ragazza, che lo aspettava, come vedete nella foto.

racheleferrariscollata

Rachele sta aspettando Federico, il quale è andato all’interno dell’albergo D.

Federico: “Ho fatto prenotare da Ballotta, a Torreglia. Ballotta risale al 1400 circa: la più vecchia trattoria d’Italia. Ora vieni.” Prese la ragazza per mano e si diressero verso l’entrata dell’albergo.

Il personale, naturalmente, rimase colpito. Federico fece vedere a Rachele la piscina dell’albergo D, per metà dentro  al fabbricato e per metà fuori all’aperto. Ad Abano e a Montegrotto l’acqua esce dal sottosuolo alla temperatura di 87 gradi centigradi. Opportunamente miscelata a 26 gradi circa, si entra nell’acqua dentro all’albergo, si esce all’aperto restando nell’acqua sempre alla stessa temperatura. Nel passaggio dall’interno all’esterno, un sipario in tela cerata che scende sino al limite superiore dell’acqua, evita che l’aria calda da dentro all’albergo se ne esca fuori. Naturalmente, d’inverno, quando si  esce all’aperto, bisogna stare immersi nell’acqua il più possibile.

Rachele: “Bello. Questa, della mezza piscina all’aperto, non la sapevo: peccato che non ho il costume da bagno nella borsa… altrimenti avrei provato…”

Federico: “Sì ma qui non puoi mettere il tuo costume rosso a pois bianchi…”

Rachele, corrucciata: “E perché?”

Federico: “Perché,  qui, il personale dovrebbe lavorare…”

Rachele scoppiò a ridere e baciò Federico: “Me l’hai fatta… pensavo tutta un’altra cosa…”

Federico, per sbrigare alcune formalità con l’albergo D, impiegò non più di dieci minuti. Nel frattempo la direttrice della cura termale, una trentenne molto aristocratica e carina, aveva attaccato bottone con Rachele. La conclusione era che forse Rachele avrebbe dovuto portare sua madre Rebecca per una cura di fanghi.

Arrivò Federico che si fece spiegare tutto. Poi aggiunse, rivolto alla direttrice: “Quanto dura una cura termale? mi sembra una settimana…” La direttrice: “Sì, conte Zini… il minimo è cinque giorni…”

Federico: “Si prenda nota, per cortesia: una settimana per due persone, Rebecca ed Aronne Levi Minzi, nostri ospiti quando telefoneranno. Voglio fare bella figura: la prego di tener conto che sono i miei futuri suoceri.”

La direttrice: “Va bene… chiaro…  darò istruzioni in proposito. Signorina Rachele, avrò il piacere di conoscere anche i suoi genitori…”

Rimasero soli.

Rachele: “Federico… sei troppo gentile…”

Federico, leggermente seccato: “Rachele… io non mi permetterei mai di offrire una settimana ai tuoi, che non hanno certamente bisogno della mia carità… ma, dimmi, una volta per tutte: sei mia moglie o no?”

Rachele: “Sì…”

Federico: “E allora, sei tu che hai offerto una settimana ai tuoi genitori, non io. Questo vorrei che fosse chiaro.”

Rachele rispose con un bacione. “Sei un tesoro. Quando lo dirò a mia madre… se lo merita proprio… è una brava persona…”

Federico: ”Manderò loro una conferma scritta. Ora andiamo da Ballotta: vuoi guidare tu?”

Rachele, ridendo: “No… basta…altrimenti arriviamo alle tre del pomeriggio…”

Federico: “Ma era la prima volta che guidavi una Ferrari… pretendi di essere già  una pilotessa da corsa? meglio di così, non potevi guidare. S’inizia sempre con una certa prudenza. Allora, guido io…” e si mise al volante.

In linea d’aria, da Abano a Torreglia, sono circa cinque chilometri. Per le provinciali, sono in realtà circa nove chilometri.

Rachele: “Mi dicevi che Ballotta è la più vecchia trattoria d’Italia…”

RacheleBallotta
La trattoria da Ballotta, a Torreglia, sui Colli Euganei, risale al 1550, se non da prima.

Federico: “Sembra di sì… una delle più antiche del mondo… a Torreglia c’è una piccola piazza ed in un angolo c’è Ballotta. C’è chi dice addirittura dal 1400 ma sembra che, in realtà, esista dal 1550.”

Arrivarono nella piazzetta e parcheggiarono. La ragazza impressionava di più dell’automobile. Entrarono e furono accolti dal titolare, che era stato informato dal personale dell’albergo D. Essendo, la trattoria da Ballotta, un pallino della Zini spa ed essendo l’antica trattoria abbastanza conosciuta nei paesi anglosassoni (si trova nel ‘Guinnes dei Primati’ come la più vecchia trattoria del mondo con la stessa gestione), i clienti che venivano inviati dalla Zini spa erano numerosi: Ballotta aveva anche la Zini Venice Card…

Il titolare: “Signorina… conte Zini… siamo onorati dalla vostra visita… vi abbiamo riservato il miglior tavolo…”

Federico ringraziò per la premura e disse a Rachele: “Scommetto che vuoi assaggiare i piatti di una volta…”

Rachele: “Sì…”

Il titolare, che faceva anche da maître:  “Bene… allora consiglierei:

Come antipasto, una culaccia euganea, come si insaccava nel 1500, con una burrata e con una composta di peperoni rossi.

Di primo, i bigoli fatti in casa col bigolaro, con ragù d’anatra: questo piatto è servito, sempre uguale, ininterrottamente dal 1553.

Di secondo, pancia di maialino al forno con purea di mele piccantina: un piatto del 1560.

Di dessert, biscotti fatti da noi, Ballotta, dal 1550.

Tutto abbinato con Vino Rosso dei Colli Euganei Doc riserva: 60% merlot e 40% cabernet sauvignon, tranne i nostri biscotti, ai quali abbinerei del moscato secchissimo.

Per chiudere, consiglierei un caffè alla turca.”

Federico: “Rachele?”

Rachele: “Io… salterei l’antipasto oppure il primo…”

Federico: “Anch’io vorrei saltare, fa caldo…” poi rivolto al titolare: “Cosa saltiamo, tra il primo e l’antipasto?”

Titolare, dopo averci pensato su: “Mmmm… allora, saltiamo l’antipasto. Vado a fare l’ordinazione…  nel frattempo, vi faccio portare il pane del 1600.”

Arrivò il cameriere con un vassoio su cui c’era del pane che sembrava una pizza, molto buono e senza lievito. Il pane, rotondo, era tagliato a quadrettoni.

Rachele: “Pane ebraico pasquale… dovevamo venirlo a gustare nella più vecchia trattoria d’Italia… come nel 1600… buono… io ho il palato abituato… non so tu…”

Federico: “Molto buono. Se ti ricordi, ti avevo parlato di piatti ebraici nei nostri alberghi e del nostro dipendente ebreo che mi insegnava tutto…”

Rachele: ”Sì… ricordo che l’hai raccontato a casa mia…”

Arrivò un ottimo vino ed i bigoli col ragù d’anatra. L’anatra doveva essere un germano selvatico, perché la carne era scurissima e sapeva molto da selvaggina. I bigoli sono degli spaghettoni grossi, col buco in mezzo, fatti con la farina di patate e non con il grano duro, usando una specie di trafila (il bigolaro).

Rachele, dopo tutti i giuramenti di lasciare sul piatto una metà dei bigoli perché, a suo dire, boicottavano la silhouette, se li mangiò tutti.

Il secondo era una carne di maiale profumata che accompagnata al purè di mele, che a sua volta doveva contenere semi di senape ed aceto di vino, si spegneva in un morbido agro-dolce.

Il vino era indicato.

Poi, i biscotti… col vino santo… una cosa semplice, antica ma non si capiva bene il perché: poteva forse aver contenuto dell’anice… forse dello zenzero o forse entrambi.

Rachele: “In Italia, si mangiano cose eccezionali… soprattutto semplici…”

Consumarono i due caffè, non espressi, fatti col pentolino, alla turca. Una cosa, al giorno d’oggi, non molto comune. Col caffè alla turca, bisogna attendere che la polvere di caffè, macinata in modo impalpabile, scenda sul fondo. Poi, se maldestramente si agita la tazza, la polvere di caffè torna a galleggiare nel caffè… ogni tanto, può essere divertente… bisogna cercare di portare la tazza alle labbra senza muovere il liquido.

Dissero al  titolare che tutto era stato di loro assoluto gradimento e chiesero il conto.

Questi disse: “Il conto non c’è. Per una volta, vorremmo offrire noi… solo questa settimana, sono arrivate, inviate da voi, una ventina di persone dalla Scozia… non è che capiscano un gran che… comunque, siamo forse più conosciuti all’estero che in Italia… siamo sempre in debito con la vostra ditta… la Zini Venice Card è una meraviglia…”

Ringraziamenti, complimenti e saluti.

I nostri due amici fidanzati ritornarono alla vettura. C’erano due distinti signori che stavano spiegando ad alcuni bambini, probabilmente loro figli, le bellezze della Ferrari 488. Quando arrivò Rachele, il distinto signore, che non stava parlando, affibbiò una gomitata all’amico e disse, puntando il mento verso Rachele: “Ecco un’altra Ferrari…”

Rachele e Federico attesero che il signore finisse la descrizione e poi risalirono in macchina, coi due uomini ed i ragazzini che aspettavano ansiosi la partenza.

Federico fece l’occhiolino ad uno dei due uomini, puntando il mento in direzione dei ragazzini, come per dire: “Faccio un poca di scena per i ragazzi?”; quel signore fece un movimento con la mano dalla direzione della macchina sino alla direzione dei bambini, come per dire: “Sì…”

Rachele aveva visto tutto; batté le mani e disse: “Sì… dài… fai un po’ di scena per i ragazzi…”

Federico mise in moto con un rombo altissimo. Poi uscì dal parcheggio sollecitando varie volte il motore; sembrava una dichiarazione di guerra: i bambini, con la bocca aperta, non stavano più nella pelle. Subito dopo, Federico partì sgommando. Rachele fece un cenno di saluto, subito contraccambiato dagli spettatori.

Ora, l’obiettivo era Valsanzibio; Arquà Petrarca non si poteva fare: erano in ritardo sulla tabella di marcia, magari un’altra volta… per Valsanzibio, da Torreglia, sono circa cinque chilometri.

[Segue]

Le illustrazioni con i costumi di Rachele sono di
https://www.prettylittlething.com/shop-by/trends/satin/dresses.html

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