La mano [922]

LaMano
La mano di Luigi Costantini.

Revisione del testo: 28 agosto 2021 ore 18:50 – Revisione immagini: 28 agosto 2021 – Luigi Costantini era nato a Venezia nel 1943. I suoi genitori erano gente benestante, che abitava in un bel palazzo sul Canal Grande. Essi furono uccisi da rapinatori entrati in casa, il 25 aprile 1945, il giorno della fine della Seconda Guerra Mondiale.

Il bambino, di nemmeno due anni, non fu toccato dai delinquenti che si allontanarono indisturbati con un buon bottino. Furono presi immediatamente dai Carabinieri: avevano ancora in mano il sacco pieno di cose rubate ai Costantini. Il bimbo fu affidato dalle autorità alla zia, sorella della madre ed al marito di lei. Dato che non potevano avere figli, Luigi fu trattato come un principe. Furono dei veri genitori a tutti gli effetti.  A scuola si parlava sempre di Luigi come di una vittima ma Luigi non capiva, per due motivi: il primo motivo e che gli zii stravedevano per il ragazzo e secondo motivo, francamente, lui poco o nulla ricordava dei genitori. Ricordava qualcosa della scena traumatica dei rapinatori ma non molto di più. Da questi atteggiamenti, dei suoi compagni, Luigi imparò che quando la gente ti ha appioppato un’etichetta (in questo caso un’ etichetta di povero orfano maltrattato), difficilmente te la cambia. Lo zio di Luigi, Giannino, era un artigiano falegname di altissimo livello, con delle mani d’oro, che guadagnava molto bene. Eseguiva armadi pregiatissimi, tavoli da salotto, mobili laccati su ordinazione delle migliori e più benestanti famiglie veneziane. Era consideratissimo. Per passione, iniziò a lavorare legni durissimi (tek) per fare delle sculture, come ad esempio un leone di San Marco tenuto al guinzaglio da colui o colei che lo aveva ordinato. Il viso e le sembianza fisiche, degli ordinanti, erano ineccepibili. Le sculture in legno, di 40 centimetri di base per 25 di altezza, facevano bella mostra di sé sopra credenze, tavoli di salotto, mobili d’ingresso. Ma questo è solo un esempio di ciò che faceva Giannino: faceva altresì degli splendidi schiaccianoci in legno intarsiato e molto altro. Anche Luigi aveva una mano eccezionale, tant’è vero che Giannino diceva spesso alla moglie: “Il nostro Luigi… sembra proprio mio figlio… ha un senso artistico di gran lunga migliore del mio…”.

Lo zio gli consigliò di studiare Belle Arti perché sperava che Luigi facesse qualche bel disegno da cui ricavare statuette lignee intagliate o scolpite: comunque, Luigi, fin da piccolo, con una matita grassa ed un foglio di carta, eseguiva degli schizzi all’istante di ciò che vedeva nella calle dove abitava con gli zii.

Se in calle c’era un colombo, con alcuni tratti rapidissimi disegnava il colombo che pareva quasi vivo. Lo stesso faceva se c’era un gatto e qualsiasi altro animale. Erano dei bozzetti meravigliosi che potevano, volendo, essere utilizzati come quadretti da appendere alla parete. Insomma, un grandissimo dono di natura.

Lo zio era sempre dentro e fuori il Teatro La Fenice, perché faceva particolari in legno per le sceneggiature.

Un giorno, portando una specie di inginocchiatoio nel teatro veneziano, per una messa in scena religiosa, gli capitò di vedere un disegnatore che preparava un bozzetto per uno scenario che doveva rappresentare la Piazza San Marco. A giudizio di Giannino, i bozzetti di suo nipote Luigi erano mille volte più vivi, più piacevoli… lo disse al Sovrintendente del teatro:   “Mi piacerebbe farle vedere alcuni bozzetti di mio nipote…”

Il sovrintendente prese sotto braccio Giannino e disse: “Per la verità, anch’io sono piuttosto insoddisfatto di questo scenario della Piazza. Come dice lei, Giannino, anche a me sembra una cosa smorta, senza vita, i francesi direbbero sans esprit[senza vitalità]. Dica pure a suo nipote che faccia un bozzetto per lo scenario, con l’idea di una Piazza San Marco viva, affascinante… se il bozzetto sarà buono… vedremo… si potrebbe sicuramente fare qualcosa…”

Appena rientrato in casa, Giannino chiamò Luigi e disse: “Occasione d’oro!” e spiegò l’accaduto al nipote. Luigi si mise all’opera e, in un paio di giorni, creò un bozzetto su di  un foglio di carta ruvida, formato grande, A3.

Il bozzetto era meraviglioso, vivo ed originale: v’erano disegnate, dal punto di vista dell’ingresso della basilica, la Piazza e la Piazzetta ma tutta la scena era inclinata leggermente verso la Piazzetta, sulla sinistra, in modo che nella parte di sinistra, più bassa, vi fosse dell’acqua alta mentre nella parte di destra, con la Piazza, la pavimentazione fosse asciutta: nella parte sommersa c’erano delle persone disegnate in cammino verso la parte asciutta e dei colombi che volavano, sempre  verso l’asciutto, da sinistra a destra. Ancora, sulla sinistra, un paio di gabbiani, con aria distratta, galleggiavano sull’acqua, davanti alla loggia del Sansovino. Nella parte asciutta c’erano delle persone che facevano gesti di richiamo a coloro che erano ancora immersi nell’acqua alta e i colombi, sulla destra, non volavano ma camminavano sulla pavimentazione.

Nella parte asciutta, in cielo, risplendeva il sole, che con un gioco di nubi, non riusciva a raggiungere coi suoi raggi la parte di sinistra, sott’acqua, che risultava avvolta in un’atmosfera caliginosa.

Oltre al bozzetto, su di un foglio formato A4, Luigi aveva scritto le seguenti osservazioni:

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Parte centrale dello scenario della Piazza San Marco. Notare l’acqua alta, sulla sinistra.

 

“Oggigiorno, è invalso l’uso di seguire ancora i canoni del teatro greco. Tale concetto di teatro, suggerito da Aristotele, con le sue tre unità di tempo, di spazio e d’azione, inevitabilmente genera degli scenarî statici e monotoni. Aristotele dice che l’opera teatrale deve svolgersi in un solo luogo, in un unico tempo preciso e che ci deve essere una unica azione. Ebbene: l’azione non può essere toccata dallo scenografo, anzi, egli nemmeno la conosce. Lo spazio è stabilito dall’autore della rappresentazione ed in questo caso la recitazione si svolgerà nella Piazza San Marco. Allo scenografo non resta che l’unità di tempo. Se l’unità di tempo fosse allargata al recentissimo passato ed al prossimo futuro, una plasticità che rappresentasse la parte sinistra come immediato passato, la parte centrale come il momento contingente e la parte destra come l’immediato futuro, potrebbe dare un’idea dinamica della rappresentazione teatrale. Così, sulla sinistra abbiamo immaginato una Piazzetta con l’acqua alta, al centro, la Piazza, con la linea di bagnasciuga e sulla destra la situazione prossima ventura, sotto la Torre dei Mori, riferentesi a quando l’acqua alta non ci sarà più. Tutto sommato, è un trittico che si dipana in senso orario, da sinistra verso destra. Il sole segue l’evoluzione, dalla caligine sulla sinistra al  sole pieno sulla destra. Il piano inclinato è necessario per la visualizzazione dell’acqua alta ma sembra che l’effetto complessivo, oltre che avere una certa dinamicità, sia originale e offra il senso plastico voluto. Potrebbe essere la chiave di volta per altre scenografie. Firmato: Luigi Costantini.”

Giannino si mise a piangere. Luigi disse: “Zio, mi dispiace, ti ho deluso…”

Giannino: “No, nipote mio, piango per la commozione… è sorprendente quello che hai fatto… e pensare che hai appena 15 anni (eravamo nel 1958) sei destinato ad una vita di successo… orsù: mettici la tua firma e dammelo, che lo porto, col tuo scritto, al Teatro La Fenice.”

Quando Giannino arrivò alla Fenice e consegnò il bozzetto e la spiegazione al Sovrintendente, anch’ egli si commosse. Il Sovrintendente chiamò il disegnatore e gli fece vedere il tutto. Onestamente, il disegnatore di professione disse: “Questo è un capolavoro… una genialità… il sovvertimento delle tre unità aristoteliche… buttiamo via le mie porcherie e sviluppiamo immediatamente una copia gigante del bozzetto di Luigi Costantini, grande come tutto lo scenario.”

Quando il fondo del palcoscenico fu allestito col disegno di Luigi, il sindaco e quant’altri e tutte le maestranze, furono chiamati per ammirare in anteprima il nuovo lavoro e rilasciare commenti. Il Gazzettino uscì il giorno dopo col seguente titolo:

Grosse novità all’anteprima della Fenice.

Alla Fenice, la prova della commedia del Goldoni coi Rusteghi.

Il nuovo scenografo Luigi Costantini scatena l’entusiasmo.

Novello Giotto? Novello Raffaello? Ieri…(segue). 

Era una cosa veramente notevole. Il piano inclinato, i colombi in volo verso l’asciutto, le persone all’asciutto che facevano gesti di richiamo a coloro che si trovavano nell’acqua alta, il sole su metà dello scenario che non arrivava all’altra metà, davano l’idea di una scena viva, quasi cinematografica.

Alla prima dei Rusteghi di Goldoni, era presente anche il Patriarca di Venezia, il quale apprezzò moltissimo la felice opera di Luigi e disse al Sovrintendente: “Come a suo tempo concordato, prima di Pasqua avremo la rappresentazione religiosa del ‘Pianto della Madonna’ di Jacopone da Todi. Mi piacerebbe che il nuovo scenografo si cimentasse…”

Jacopone
Il trittico per la rappresentazione de ‘Il pianto della Madonna’, di Jacopone da Todi.

Luigi si mise all’opera e creò il trittico che qui potete vedere. Dal recente passato (pannello di sinistra) al presente (pannello centrale) al futuro prossimo (pannello di destra), la Croce acquisisce sempre più importanza (aumenta di dimensione) e,  relativamente, il gruppo di persone che rappresentano l’opinione pubblica si rimpicciolisce (diminuisce di dimensione), nell’orgoglio e nell’incredulità.

La Madonna,  al centro del palcoscenico, recita:

“O figlio, figlio, figlio,
figlio, amoroso giglio!
Figlio, chi dà consiglio
al cor me’ angustiato?”
………………………………….
 

Sulla sinistra del palcoscenico, trovavano posto le altre Marie e il corpo di Cristo era tra le braccia della Madonna, al centro.

Sotto il pannello di destra, sempre nel palcoscenico, con la cartapesta, erano stati allestiti una grotta ed un masso enorme, che costituiva la chiusura del sepolcro e che era stato rimosso. Due angeli spiegavano ai presenti che il Cristo era salito in Cielo.

Passato immediato, presente e futuro. Il Patriarca dette una specie di imprimatur per l’opera ma il vero riconoscimento fu unanimemente per Luigi. Giannino non stava più dentro ai pantaloni dalla contentezza e dalla soddisfazione. Con malcelato orgoglio, Giannino andava dicendo: “Luigi è più di un figlio… sembra che abbia preso da me…”

Il Patriarca ascoltò Giannino con un sorriso di compiacimento e poi aggiunse: “La mano di Luigi sembra guidata dallo Spirito Santo. Per me, ha già raggiunto livelli sommi e non è ancora maggiorenne… egli ha un animo profondamente religioso, senza dubbio…”

Luigi visse la sua vita alla Fenice,  facendo delle scenografie meravigliose, né chiedeva altro…

Lo scenografo Luigi Costantini morì giovane, a 58 anni, nel 2001. Fu sepolto nell’isola di San Michele, come quasi tutti i Veneziani.

Ora siamo nel 2021: sono passati vent’anni dalla sua morte e, come d’uso, la bara è stata aperta per trasferire le ossa di Luigi  nell’ossario.

Non ci sarebbe nient’altro da dire se non che la sua mano destra era, dopo vent’anni, intatta e aveva una specie di cicatrice, a forma di croce, sul dorso.

 

 

 

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