Vino e bastone [232]

Il vino fatto col bastone.
Il vino fatto col bastone.

Revisione del 12 novembre –  Molte volte, l’ingenuità delle persone è commovente, per non dire che sfiora il ridicolo. E vale quindi la massima ‘Fatti agnello, ché il lupo ti mangerà’.

E sto parlando di coloro che partono dalla città, ad esempio Venezia e se ne vanno in campagna dove li attendono i lupi, ad esempio quelli di una immaginaria Premiata Cantina Zilli.

Un amico aveva detto alla famigliola Scarpa: “Bisògna che ‘ndé al paése X, dove che ghe xe la Cantìna Zìlli, no ocóre gnànca portàr le damigiàne da 25: i se ràngia tùto lori…  quésto xe el nùmaro de tełèfono, diséghe che ve gò mandà mi… pensé che i ve ło càrica ‘nca in màchina, i ve ófre ‘nca el spuntìn, pàn e formàgio col vìn in assàgio, che fa ‘nca rìma, tùto compréso sul prèsso… podé compràr el vin che ve piàxe… ma par bévarlo a Venèssia sarìa mègio  compràr el rósso ch’el dùra de più, par vìa del sàlso… mi, i me ło gà dà a metà prèsso parchè go comprà tre damigiàne da 25… dòpo me savarè dir…” [Dovete andare al paese X dove c’è la Cantina Zilli, non occorre neanche portare le damigiane da 25: si arrangiano loro di tutto… questo è il numero di telefono, dite che vi ho mandato io, pensate che ve lo caricano anche in macchina, vi offrono anche lo spuntino, pane e formaggio col vino in assaggio, che fa anche rima, tutto compreso sul prezzo… potete comperare il vino che vi piace… ma per berlo a Venezia sarebbe meglio comprare il rosso, che dura di più, a causa del clima salmastro… a me lo hanno dato a metà prezzo perché ho comprato tre damigiane da 25… poi mi saprete dire…]

Il capo famiglia telefona e dice che lo manderebbe Toni Vianello. Quelli della cantina probabilmente non si ricordano di Toni Vianello e pensano: ecco un altro marsupiale… e dicono sì, sì, venite pure…

In previsione dell’arrivo, preparano un ettolitro di vino bastonato.

Il vino fatto col bastone è un vino fatto in modo vergognoso, aggiungendovi feccia, mezze damigiane di vino inacidito, anidride solforosa, eventualmente qualche dolcificante e delle buone dosi di acqua, non sempre pura, molte volte lasciata in secchi contenenti vinaccia. Ci sono persone esperte nel fare vino bastonato ed altre, più esperte ancora.

Arrivano i nostri eroi. Dicevano che li aveva mandati Toni Vianello.

La moglie interviene e dice: “Vogliamo essere trattati bene come Vianello.”

Il cantiniere prende molta paura e dice: “Sicuro, signora, stia tranquilla.”

Il marito aggiunge che non hanno portato le damigiane e se il personale della cantina eventualmente caricherebbe in macchina le damigiane: eventualmente, in caso di acquisto.

Il cantiniere dice che sicuramente non sono obbligati a comperare. Offre uno spuntino di pane e formaggio perché assaggiare vino forte a stomaco nudo, dopo un viaggio, può non essere piacevole.

Il capo-famigliola Scarpa avrebbe dovuto rispondere: “Quéła del spuntìn la savéva ‘nca Bertòldo: sólche i móne màgna formàgio o insacàti o sotacéti prìma de sagiàr el vìn, parchè dópo de sto spuntìn te par bòna ‘nca l’àqua màrsa…” [Quella dello spuntino la sapeva anche Bertoldo: solamente gli sciocchi mangiano formaggio o insaccati o sottaceti prima di assaggiare il vino, perché dopo tale spuntino ti sembra buona anche l’acqua marcia…]

Ma il signor Scarpa  questo non lo sa… e ringrazia per lo spuntino.

Ovviamente, il cantiniere capisce che il signor Scarpa non lo sa e pensa di aumentare un poco il prezzo, tanto questi non capiscono niente.

Gli Scarpa si ingozzano di pane e formaggio e il vino più buono sembra quello più aspro: tanto, qualunque vino scelgano, molto probabilmente verrà rifilato loro quello bastonato.

Se proprio ne scegliessero un altro, il cantiniere, dovendolo bastonare, dirà che non ce n’è a sufficienza o inventerà qualche altra scusa e proporrà che gli Scarpa tornino un’altra volta oppure suggerirà di prender quello già bastonato che tanto è quasi uguale.

A questo punto, mentre mangia il formaggio, la signora Scarpa, che non sa ancora il prezzo dell’acquisto, dice da vera esperta: “Se comprémo tre damigiàne el ga da fàrne metà prèsso…[Se comperiamo tre damigiane deve farci metà prezzo…]

Ma, diciamo noi,  benedetta donna: metà di quanto?

A questo punto per il cantiniere è come rubare in chiesa. Voleva vendere il vino a 120 lire: lo mette a 250, un po’ più del doppio per compensare la fatica del calcolo mentale e dice: “Lei signora, è un’affarista: il prezzo di questo vino eccezionale è 250 ma se ne prendete tre damigiane da 25 ve lo metto a 125, oltre alle damigiane, naturalmente…”

Insomma lo mette più caro di quanto non avesse pensato all’inizio.

La signora Scarpa, che si è sentita qualificare come affarista, gongola e dice: “Naturalmente…”

Nessuno avrebbe pagato un vino del genbere, dal più lazzarone dei vinai di Venezia, più di 80 lire. Sono cambiati i tempi, le lire sono diventate euro, ma “par i móne xe sémpre scùro...” oppure “la màre dei móne ła xe sémpre inzìnta…” [per gli sciocchi è sempre buio… la madre degli sciocchi è sempre incinta…]

Anche le damigiane, vendute assieme al vino, sono state messe nel conto ad un prezzo astronomico…

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