Chissà cosa vuol dire 3 [941]

Perplesso3
Da cosa deriva, possibilmente con precisione, questo modo di dire?

Revisione del testo: 6 novembre 2021 ore 13:45  – Revisione delle immagini: 4 novembre 2021.  – {Il racconto è un racconto in parte umoristico ed in parte non troppo coerente: serve per evidenziare l’uso dei modi di dire. Nell’ultima parola di ogni modo di dire, si trova un apice0 che rimanda ad una nota alla fine dell’articolo, la quale, a sua volta, cerca di spiegare il modo di dire stesso. Sono omessi i modi di dire banali del tipo ‘mi faceva gli occhi dolci ’, dove il modo di dire si spiega da sé.}

Racconto:

Mi ero deciso di fare pugilato. Come dilettante, naturalmente. In palestra, l’allenatore (il mister) disse che gli andavo a genio1. Lo disse senza alcuna esitazione e mi disse che ero il miglior allievo… ma se mi aveva appena conosciuto? capii, allora, che aveva la coda di paglia2. Non aveva la più pallida idea sulle mie capacità: forse voleva solamente un allievo in più, per guadagnarci. Certo che, per dire quello che mi aveva detto, complimentandosi a vanvera, doveva avere una bella faccia tosta3.

Poi mi disse: “Sul ring, ci vogliono due grosse doti: conoscere l’arte nobile del pugilato ed avere una certa bella presenza, perché anche l’occhio vuole la sua parte4. L’arte pugilistica te la insegnerò io e la bella presenza, per fortuna, ce l’hai già. Avrai successo: so già che sarai migliore degli altri allievi, conosco i miei polli5. Ti vedo dall’occhio intelligente che hai… non sei il solito allievo… tu sei un altro paio di maniche6…”

Di fronte a tutti questi complimenti sfacciati, stavo facendo la figura del baccalà7. Riflettei un poco e risposi: “Scusi, mister, non vorrei essere un bastian contrario8 ma i suoi complimenti mi sembrano eccessivi e prematuri. Un pelo e contropelo9 non si può fare, secondo me, neanche dopo un periodo di conoscenza molto più lungo. Figuriamoci se si possa fare al primo incontro… non vorrei essere preso in giro, perché, in tal caso, pianterei baracca e burattini10. Per il momento, sono appena arrivato e conto come il due di picche11 : non mi faccio alcuna illusione.”

Allora, il mister mi rispose: “Non facciamo questioni di lana caprina12: sono sicuro di non prendere un granchio13. D’altronde, una persona come te capita ogni morte di papa14. Di solito, viene qua della gente che, quando li vedi, dovresti metterti le mani sui capelli15. Di solito, da questa gente non cavi un ragno dal buco16: gente di strada, poco raccomandabile, che viene  qua per disperazione. Tu invece sei venuto qui da me per imparare il pugilato: su questo, mi sembra che non ci piova17. Si vede lontano un miglio che non faresti del male ad una mosca18: molti, invece, vengono qui perché, imparando il pugilato, vogliono poi picchiare la gente per strada, magari per derubarla. Se fossi qui, anche tu, per diventare un delinquente, rimarrei di sasso19. Diciamo che quello che ti ho detto, in parte anche lo spero. Vorrei avere un bravo allievo, non un altro delinquente. Dalle mie parole, puoi aver avuto l’impressione che io sia un leccapiedi20: e invece, caro mio, trovare qualcuno che ami il pugilato  davvero, è come cercare un ago in un pagliaio21. A questi discorsi, vorrei mettere una pietra sopra22. Altrimenti, se vuoi mandare tutto a monte23, ti farò un bell’augurio di finire in bocca al lupo24  e addio.”

[segue]

 

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Spiegazioni:

  1. Andare a genio: sin dai tempi dei Romani, ogni essere umano aveva un protettore, un dio o qualcosa del genere. Insomma, aveva un genio che lo accompagnava, una specie di angelo custode. Tu potevi andare bene al genio che ti accompagnava oppure potevi anche non andargli bene. Se tu fossi andato bene al genio, le cose piacevoli ti avrebbero arriso. Dire ‘ mi vai a genio’ è quindi equivalente a ‘ sei ben visto dal mio angelo custode.’
  2. Avere la coda di paglia: l’espressione deriva da una favola di Esòpo, che narra di una volpe cui una tagliola mozzò la coda. La bestiola si vergognava, così deturpata nella sua eleganza, e gli altri animali, suoi amici, decisero di farle una coda di paglia. La coda era così bella che, chi non sapeva della disgrazia, non avrebbe mai potuto sospettare che fosse finta. Ma un giorno un gallo si lasciò scappare il segreto e la notizia della volpe con la coda di paglia arrivò fino all’orecchio dei contadini. Conoscendo il punto debole della volpe, questi accesero dei fuochi vicino ai pollai, perché non potesse più rubare i loro polli. La volpe sapeva che la paglia prende fuoco facilmente e, per paura di bruciarsi la coda, non si avvicinò più ai pollai. Il significato è quindi ‘temere che gli altri sappiano la verità sul tuo conto ’.
  3. Avere la faccia tosta: dal latino tostus [bruciato, significato acquisito: non modificabile] (da torrere, vedi torridus = disseccato). Quindi faccia dura, inespressiva (Devoto), che non cambia espressione checché gli succeda. Anche se manifestamente colpevole, non cambia espressione.
  4. Anche l’occhio vuole la sua parte: l’estetica è importante; non si deve essere solo bravi ma (possibilmente) anche belli, perché anche l’occhio degli spettatori deve essere soddisfatto. Questo modo di dire è molto usato dai pugilatori.
  5. Conoscere i propri polli: sapere tutto (o quasi) sul carattere di una persona, o anticiparne le reazioni, il tutto condensato nella frase “conoscere i propri polli”. Tutto trae origine dall’ usanza d’ un tempo, quando nell’ allevare le galline di casa, le si lasciavano scorrazzare liberamente nella corte. Pezzetto di terreno nel quale, però, beccolavano polli di tanti padroni che, per riconoscere quale fosse il proprio, alla zampetta di ciascuno veniva annodato una stoffa colorata. Un colore per ogni contadino. Così potevano capire, a colpo d’occhio, quale pollo fosse il proprio.
  6. Essere un altro paio di maniche: significa essere una cosa completamente diversa. Se la questione sul tavolo è ottima, essere un altro paio di maniche significa ‘peggiore e di molto’; se la questione sul tavolo è pessima, significa invece ‘essere migliore e di molto’. Il detto è ancora molto usato, benché alla lettera risulti praticamente incomprensibile a chi non conosca l’usanza dell’abbigliamento medievale e rinascimentale, soprattutto femminile, che prevedeva maniche intercambiabili.
    Ferroniere
    La belle ferronière di Leonardo da Vinci.

    Numerosi ritratti tra Quattro e Cinquecento mostrano infatti dame con la veste alla quale sono applicate maniche ornatissime, con ricami, nastri, spacchi e sbuffi, che costituivano spesso l’elemento più ricco e ricercato della veste. Non era raro, infatti, che le maniche fossero un prezioso dono offerto dal fidanzato alla futura sposa. In alcuni casi si conoscono dipinti con un medesimo abito, con e senza maniche, in versione invernale ed estiva. Un esempio è la riproduzione di un famoso quadro di Leonardo, dove la dama ha le maniche legate al vestito con dei nastri. Il quadro di Leonardo è La belle ferronière [la bella moglie di un mercante di ferramenta], olio su tavola 63 x 45 cm, databile 1490-1495, conservato al museo Louvre di Parigi: in realtà, non si sa chi sia la dama. Il quadro è stato fatto a Milano
  7. Far la figura del baccalà: l’espressione dovrebbe essere ‘far la figura dello stoccafisso’. Mentre il baccalà è un merluzzo che sta sotto sale ed ha una certa mobilità, lo stoccafisso è stato esposto per sei mesi all’essicazione, al vento del nord ed ha una rigidità assoluta. Si usa dire quando una persona rimane con la bocca aperta, immobile, incapace di agire.
  8. Essere un bastian contrario: una persona che contraddice per sistema, per il solo piacere di contraddire. Secondo l’Accademia della Crusca, deriva da uno scritto del 1818 di Alfredo Panzini, il quale Panzini spiegava: ‘Bastiàn cuntrari: popolare detto nelle terre subalpine (Piemonte) di persona che contraddice per sistema. Ci fu, infatti un Bastiano Contrario, malfattore e morto impiccato, il quale solamente in virtù del cognome diede origine al motto’.
  9. Fare pelo e contropelo: propriamente, passare il rasoio sulla barba in tutti i sensi della pelle, in modo da lasciarla perfettamente liscia. Da qui il senso figurato di criticare in modo severissimo, fiscale, pignolo, intransigente. Si dice di un lavoro, di un’azione, di un comportamento, di una persona. Anche malignare, spettegolare sul conto di qualcuno andandogli a cercare tutti i difetti e le pecche possibili, vere o presunte.
  10. Piantare baracca e burattini: ci sono in giro varie spiegazioni. Diamo la preferenza alla seguente: gli abitanti che assistevano ad uno spettacolo itinerante di burattini, si sentirono offesi da una battuta del burattinaio, messa in bocca ad un burattino: “Mi hanno detto che sono un ladro e un furfante come quelli di San Michele in Bosco…”. Al che, i popolani di San Michele presero la baracca (il piccolo teatrino portatile) e burattini e li buttarono nel fiume. Disfarsi di tutto ciò che può aver offeso od offendere ed andarsene.
  11. Contare come il due di picche: Come Quando Fuori Piove è la forma mnemonica che ci dice Cuori Quadri Fiori Picche. Le Picche valgono meno di tutto e, tra i valori di ogni seme, in molti giochi di carte, il due è quello che vale meno. Contare come il due di picche significa quindi essere la carta del mazzo che vale meno. Possiamo inventarci una battutina dicendo che il due di picche è anche un pessimo matematico: nessuno vorrebbe contare come lui.
  12. Questioni di lana caprina: significa discutere per poco o niente, forse per il gusto di discutere e chiacchierare. In realtà, la vera origine dell’espressione è ancora sconosciuta. Si pensa che per la prima volta sia stata usata dal poeta romano (latino) Quinto Orazio Flacco (65 a.C. ~ 8 a.C.), o semplicemente Orazio, alludendo a persone che facevano perdere tempo parlando di questioni banali e stupide (come un tempo era ritenuta la lana della capra che non aveva nessun valore).
  13. Prendere un granchio: sbagliarsi, commettere un errore grossolano, ingannarsi. Prendere un granchio – o anche “prendere un gambero” – è un’espressione diffusa in molti dialetti e con significati vari. Uno dei più ricorrenti riguarda il fidanzamento e il matrimonio. Il granchio è il rifiuto della donna, dunque essere respinti è “prendere il granchio” (un po’ come l’odierno “due di picche”).
  14. Ogni morte di papa: assai raramente. Per curiosità, papa Francesco è il 266° papa dall’anno 64 (o 67, non è chiaro). Gli anni trascorsi dalla morte di San Pietro sono pertanto 2021 – (64 o 67) = 1954 anni circa. Quindi, ogni morte di papa sarebbe 1954 /266 = ogni 7.34 anni. Non molto: credevo di più.
  15. Mettersi le mani nei (sui) capelli: indica un momento di grande disperazione o esasperazione. Si dice così perché una volta c’era l’azione delle prefiche o repute, donne che erano pagate per piangere un morto. Queste donne pregavano e si disperavano davanti al morto, lacerandosi anche le vesti (dipendeva dalla tariffa…) e strappandosi i capelli. Con queste azioni, invocavano qualcosa di positivo per l’anima del morto, cercando di far commuovere la divinità. Questa usanza era molto diffusa nell’antica Grecia e a Roma, tanto da essere anche rappresentata su anfore e bassorilievi. L’  usanza delle prefiche è andato scemando dopo la seconda guerra, ma sopravvive ancora nell’entroterra siciliano e in quello sardo. Nel sud dell’Italia, poteva capitare di andare a fare una visita di condoglianze a casa di conoscenti e trovare queste donne vestite di nero, snocciolanti il rosario o urlanti. In Puglia sono chiamate le Chiangimuerti [piangimorto], nome tipico del Salento. Un uso spesso rappresentato anche in film storici in costume, documentari o comici, in cui tale usanza è presa per i fondelli.
  16. Non cavare il ragno dal buco: ci siamo affannati in qualche cosa ma non abbiamo ottenuto risultato alcuno. Non c’è molto da dire.
  17. Non far del male ad una mosca: cosa c’è di più fastidioso di una mosca? niente o quasi… questo sporco insetto porta malattie ed anche se una persona non è assolutamente propensa ad usare la forza per eliminare insetti fastidiosi, può aver voglia di dare un colpo secco, magari con uno straccio, alla mosca. Ebbene, il nostro personaggio era talmente buono che cercava di capire e compatire anche la mosca più fastidiosa.
  18. Su questo, non ci piove: se siamo in casa, il tetto non ha problemi e fuori c’è un acquazzone, possiamo dire beatamente che in casa non piove dentro. Analogamente, commentando il rischio che si potrebbe correre in una certa impresa, possiamo dire lo stesso.
  19. Rimanere di sasso: l’espressione restare di sasso (o di pietra o di stucco) vuol dire rimanere stupefatti, colpiti, incapaci di reagire ad accadimenti sconvolgenti. L’immagine è chiara: rimanere immobile come una statua. C’è un antico mito greco, quello di Medusa, alla base di questa raffigurazione. Medusa era una delle tre sorelle Gorgoni, custodi degli inferi. Punita da Zeus per le sue vanterie, Medusa ebbe, per punizione, delle serpi velenose al posto dei capelli e uno sguardo capace di pietrificare chiunque lo affrontasse (lo sguardo). Insomma, nessuno poteva guardare Medusa negli occhi. L’eroe Perseo, incaricato dal suo re di portargli la testa della Medusa, riuscì a decapitarla utilizzando uno specchio, al fine di non guardarla direttamente negli occhi.
  20. Essere un leccapiedi: ovvero, leccare i piedi. Deriva dal costume orientale di genuflettersi e prostrarsi a terra davanti al proprio monarca, in modo che possa sembrare che ci si sia prostrati per leccare i piedi al sovrano, nel senso di sottolineare la più profonda disparità.
  21. Cercare un ago nel pagliaio: espressione diffusissima a livello indoeuropeo. In francese une épingle dans une botte de foin, in inglese find a needle in a haystack, in ispagnolo encontrar una aguja en un pajar. Sottintende una cosa difficilissima da realizzare.
  22. Metterci una pietra sopra: ha il significato di non pensare più ad una cosa che sembra non riuscire o comunque spiacevole, evitando fatiche e pensieri inutili. Nella citazione, con la “pietra” si allude alla lapide, alla pietra tombale, la locuzione, infatti, trae origine dall’uso funerario antico di molte culture che consisteva nel ricoprire le sepolture con tumuli di pietre.
  23. Mandare tutto a monte: molto complessa. Con tale espressione indichiamo il fallimento di qualcosa, come, ad esempio, un progetto che non si realizza o quando non si raggiungono gli obiettivi sperati. Il Monte in questione era l’insieme di debiti che un cittadino accumulava verso diversi enti come lo Stato, il comune, etc. L’espressione originale di un tempo era “andare al Monte di Pietà”, quindi chi andava al Monte era considerato automaticamente un debitore. Nei giochi d’azzardo il Monte indica il mazzo comune, dove tutti prendono le carte. In caso di irregolarità, la partita viene annullata e tutte le carte si rimandano al Monte. Anche il Monte di Pietà era un monte comune.
  24. In bocca al lupo: è un augurio di buona fortuna che ha due versioni. La prima è scaramantica; augurando in bocca al lupo si pensa che tale augurio non si verificherà mai. La seconda è quella probabilmente vera: la lupa, per proteggere i suoi cuccioli, li prende in bocca. Quindi ‘in bocca al lupo’ significa ‘speriamo che qualcuno ti protegga’, così come fa la lupa quando prende in bocca i suoi cuccioli. Scegliete voi.

 

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