Le fiabe per Maria 30 [1121]

Trovatello
Una madre depone il bimbo appena nato sulla Ruota della Pietà del Convento delle Suore. Notare, in alto a destra, la maniglia del campanello per avvisare le Suore.

Revisione del testo: 23 agosto 2023, ore 10:00 – Revisione delle immagini: 23 agosto 2023 – Maria: “Nonna… raccontami un’ altra storia…”

Nonna: “Volentieri, Maria: tuttavia, tieni presente che sono pur sempre delle storie… e, naturalmente, non è detto che siano vere… ti racconterò quella del trovatello, storia sconosciuta a tutti…”

Maria: “Se è sconosciuta a tutti, tu, come fai a saperla…”

Nonna: “Me l’ha raccontata lo scrittore de Il Piave… l’ha scritta lui… e tu sarai l’ unica, oltre a me, a saperla.”

Storia del trovatello, raccontata dalla nonna di Maria.

Giovanni Diotallevi era un brav’uomo: forse un poco incattivito dalle vicende della vita ma, tutto sommato, era ancora una brava persona. Era un trovatello, abbandonato dalla sua mamma, sulla Ruota della Pietà delle Suore omonime. La mamma mise il bimbo sulla Ruota il 24 giugno, giorno di san Giovanni, e fu per questo che le suore lo chiamarono così. Il cognome, poi, è un classico per i trovatelli: Diotallevi, Diotiguardi, Esposito, Dalla Pietà sono, ad esempio, dei cognomi molto comuni per i bimbi abbandonati. Giovanni, fin dalla primissima infanzia, non stava molto bene di salute e, siccome non c’era ancora il vaccino per la poliomielite, detta anche paralisi infantile, contrasse la malattia. Guarì ma gli rimase la gamba destra più corta di tre centimetri, per cui zoppicava in modo evidente. Questo era il motivo per cui Giovanni Diotallevi non venne adottato da qualcuno, a differenza degli altri bambini dell’orfanotrofio, che trovavano subito dei genitori adottivi.

Giovanni se ne fece una ragione: pensava che era stato fortunato a non morire di poliomielite e che era abbastanza logico che dei possibili genitori ci pensassero su, prima di adottare un figlio zoppicante.

Rimase, così, sino a 18 anni con le suore. Aveva fatto la quinta elementare obbligatoria con discreto successo e poi… e poi, le suore, non avendo molti mezzi, gli procurarono un lavoro: un lavoro come facchino, alla stazione ferroviaria. Giovanni si riteneva fortunato perché, pensava, nonostante la gamba zoppa, di essersi dimostrato abile nel suo nuovo lavoro. A 18 anni fu convocato dalle superiora che gli fece capire che doveva trovarsi un luogo dove abitare: in questo, le suore non potevano favorirlo ulteriormente.

Giovanni si trovò una stamberga di 40 metri quadri: di più, non poteva permettersi. La stamberga era in via Garibaldi, al civico 47.

Il lavoro di facchino era particolarmente duro per lui, a causa della sua zoppia. Alla domenica si comperava ‘La Gazzetta dello Sport’, che leggeva da cima a fondo. Era diventato un quasi-esperto di calcio… quando aveva un poco di tempo libero, si recava al Dopolavoro Ferroviario, per dire la sua sul campionato di calcio. Al dopolavoro, nel bar, c’era una ragazza, Iris, che a Giovanni piaceva un sacco ma non aveva il coraggio di dirle assolutamente alcunché. Come vorreste mai, pensava Giovanni, che una ragazza così bella si perda a guardare un povero zoppo?

Giovanni si sbagliava perché, a parte la gamba zoppa, non era un brutto ragazzo. Solo che Iris non gli faceva mai un complimento…

Quando parlava di calcio, Giovanni di accorgeva che i presenti nel bar del Dopolavoro Ferroviario lo ascoltavano con un certo fastidio. Diceva tra sé: Per forza… sono solo un facchino ed anche zoppo… chi mi ascolta, mi ascolta con sufficienza ed ha ragione… tutto sommato, io non sono un giornalista sportivo e ripeto, come un pappagallo, il contenuto della ‘Gazzetta’.

Un’altra cosa, invece, faceva sì che Giovanni si sentisse fortunatissimo: fu esonerato dal servizio militare a causa della zoppia. Giovanni pensava che di fortunati come lui non ce ne fossero poi molti.

Passa qualche anno e Giovanni decide di mettersi in proprio e di aprire un piccolo ufficio alla stazione ferroviaria, con una insegna che recita: ‘Giovanni Diotallevi & C., cooperativa trans bagagli.’

Dopo un altro anno, le cose vanno abbastanza bene: assume Iris come impiegata e trova il coraggio di chiederle di sposarlo. Iris ci pensa su un poco… e poi dice sì. Il nostro eroe è al settimo cielo. Pensa: cosa si può volere di più? fa un mutuo in banca e compra una casetta dignitosa ad un tiro di schioppo dalla stazione ferroviaria. Arriva una grande occasione: uno degli alberghi più importanti della città firma un accordo con Giovanni per l’ appalto dei loro clienti; Giovanni ha l’incarico di portare i bagagli dei clienti dalla stazione ferroviaria all’ albergo e viceversa. Purtroppo, il direttore di questo albergo, resosi conto che Giovanni non ne capisce molto, gli fa firmare un contratto dove, praticamente, Giovanni ed i suoi aiutanti non guadagnano quasi niente: un contratto al limite della truffa. Giovanni e i suoi collaboratori tengono duro sino alla scadenza del contratto, quando Giovanni dice ad Iris: “Iris, sono stato fortunato che non mi sono ridotto sul lastrico. Non dovevo firmare: l’ho fatto senza esperienza ma la cosa non accadrà mai più.”

Riprende a lavorare con più lena di prima e, nel giro di un anno, risistema la sua Cooperativa Trans Bagagli. A questo punto, Giovanni si ritiene fortunatissimo e per sfruttare ulteriormente la fortuna, comincia a giocare al Superenalotto. Non gioca molto: ad ogni estrazione gioca la più piccola schedina possibile. Poi, siccome si ritiene anche sfortunato, oltre che fortunato, molte volte si dimentica di controllare l’eventuale vincita.

Iris diceva: “Giovanni, giochi al Superenalotto e nemmeno controlli se per caso hai vinto…”

Giovanni: “Iris, sono talmente fortunato… non vorrai che io vinca anche al Superenalotto… sarebbe chiedere troppo…”

Iris: “E allora, perché giochi?”

Giovanni: “Non so… non si sa mai… potrebbe anche arrivare un colpo di fortuna… ma non ci conto…”

Iris: “Ieri sera: hai controllato?”

Giovanni: “Veramente… no…”

Iris: “Dimmi i numeri che hai giocato, ché controllo io…”

Giovanni “La prima sestina è 6, 12, 24, 36, 47, 48 e poi, la seconda, è 1, 5, 21, 43, 44, 45, 89.

Iris: “Sembrerebbe… sembra… per favore, ripeti un poco la prima sestina…”

Giovanni: “6, 12, 24, 36, 47, 48.”

Iris impallidisce, si stropiccia gli occhi e dice: “Hai detto 6, 12, 24?”

Giovanni: “Sì…”

Iris: “E poi… e poi hai detto 36, 47, 48?”

Giovanni: “Sì…”

Iris fa un balzo sulla sedia e poi dice: “Sei… Giovanni…”

Giovanni: “Lo so che sono Giovanni…

Iris: “No… sei, Giovanni… sei… sulla schedina… l’ unico sei… sono 35 milioni di Euro… 35 milioni…”

Dopo varie peripezie, Iris e Giovanni mettono in banca l‘enorme cifra ma Giovanni non si ricorda più del contratto con l’ albergo e della promessa fatta ad Iris di non farsi turlupinare nuovamente…

Giovanni si getta in alcune speculazioni più grandi di lui, dove gli raccontano quella dell’ orso e regolarmente si fa infinocchiare. Non ci crederete ma in un paio d’anni si mangia fuori tutto: si mangia 35 milioni di Euro!

Giovanni Diotallevi deve tornare a vivere nella stamberga di via Garibaldi, civico 47.

Naturalmente, Iris pensa bene di lasciare Giovanni…

Perché Iris lascia Giovanni? perché si vince in compagnia e si perde da soli…

Fine della storia del trovatello.

Maria disse: “Grazie, nonna… è molto triste, la fiaba del trovatello… secondo me, Giovanni Diotallevi era un poco sfortunato, non fortunato, come diceva lui…”

Nonna: “Sono storie, Maria, non è detto che siano vere… fortuna… sfortuna…”

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