Orbo come una talpa [150]

Signor CapitanoRevisione testo: 03 gugno 2021 – Abbiamo già parlato di Nìbie [Annibale], distintissimo signore che raccontava, alle due del pomeriggio, in bar, delle storielle come se fossero vere. Almeno una decina di persone lo ascoltava sempre, ridendo a crepapelle.

Nìbie sta raccontando che attendeva da un momento all’altro la cartolina di leva per la chiamata al servizio militare ma che non voleva assolutamente farlo: aveva troppo da fare col suo lavoro.

Poi la cartolina arrivò ma egli, senza neanche farlo sapere ai famigliari, l’aveva bruciata.

Attendeva quindi una visita dei Carabinieri ma non sapeva quando la stessa potesse verificarsi.

Un giorno, per puro caso, mentre andava in bicicletta a comperare il pane, sentì una camionetta dei Carabinieri che gli si fermò accanto ed un maresciallo che gli disse:

“Giovanotto, stiamo cercando un certo Annibale Xyz, che dovrebbe abitare da queste parti: ci può aiutare?”

Era lui! i Carabinieri cercavano proprio lui! Annibale pensò che un colpo di fortuna uguale non gli sarebbe capitato mai più e disse: Siór maresiàło, el vài ’vànti par ‘sta stràda fin che ła finìsse, i sarà quàtro chiłòmetri, po’, co se rìva davànti  a un canàl, se gìra a dèstra e i sarà nàntri trè… là l’è un bórgo, indóve che stà Nìbie e bàsta dimandàr…” [ Signor maresciallo, avanti per questa strada fin che termina, saranno quattro chilometri, poi, quando si arriva ad un canale, si gira a destra e saranno altri tre… là c’è un borgo, dove abita Annibale e basta chiedere…”

Maresciallo: “Mille grazie, giovanotto, buon giorno.”

Annibale si rivolge agli ascoltatori e dice che dopo aver sviato i Carabinieri di una buona mezz’ ora, lui nel frattempo era andato a casa, che era tutta da un’altra parte e, senza dir niente ai suoi, che erano nei campi, aveva riempito velocemente un sacco con due vestiti e uno spazzolino da denti e via, di corsa, da suo zio Fortunato, al Lago di Revine.

Nìbie: “Se credé de fracàrghea ai Carabinièri, ve sbalié: dopo un mése son tornà a càsa e i ièra là che i me spetéa. No so cóme che i èpie fàt ma ho passà un mése al frésco… el maressiàło el me ha conossù che ière quel che li véa mandàdi scavàθa càmp…” [Se credete di farla ai Carabinieri, vi sbagliate: dopo un mese son tornato a casa ed erano là che mi aspettavano. Non so come abbiano fatto ma ho passato un mese in guardina… il maresciallo mi ha riconosciuto che ero quello che li aveva mandati attraverso i campi…]

Annibale prosegue il racconto e dice che poi ha dovuto per forza far la visita di leva. Egli cercava, nelle varie visite,  con ogni capitano medico, di perorare la propria causa: non sto bene… mi gira la testa… non me la sento… ho la pressione alta… tutto quello che era riuscito ad ottenere erano delle minacce di solenni calci nel sedere.

Arriva così all’ ultimissima visita, quella oculistica: è proprio l’ultima, come la speranza, ultima a morire… bisogna escogitare qualcosa…

Nìbie: “Siór capitàno, se un l’è òrbo còme ‘na rùmoła, fàło la nàja in stèss?” [Signor capitano, se uno è orbo come una talpa, fa il servizio militare lo stesso?]

Capitano oculista: ”No, Annibale, non la fa, ma deve veramente vederci come una talpa. Tuttavia, da quello che ho visto, non mi sembra che sia  il tuo caso: anzi, sembrerebbe che la tua vista fosse buona…”

Nìbie: “Siór capitàno, son sicùro cóme che me tocarà morìr: no ghìn véde par ‘gnént… el vàrdi, là tel mùro… l’è ‘na màcia néra un fià quàdra… lù… la védeo?” [Signor capitano, sono sicuro come son sicuro che mi toccherà morire: non ci vedo per niente… guardi, là sul muro… c’è una macchia nera più o meno quadrata… lei… la vede?]

Capitano oculista: ”Certamente, Annibale, la vedo molto bene…”

Nìbie: “Siór capitàno! èco! lu la véde benón ma mi… mi no ła véde par gnént! gh’el giùre, siór capitàno! no ła véde par gnént!” [Signor capitano! ecco! lei la vede molto bene ma io… io non la vedo per niente! glielo giuro, signor capitano! non la vedo per niente!]

 

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