René Girard 5 [637]

Girard
Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo.

Revisione testo: 9 giugno 2021 – Proseguiamo dal precedente articolo e cioè dal numero [633]

Un discorso approfondito sulla mìmesi, cardine di tutte le argomentazioni del libro. Partiamo da un esempio semplicissimo, quello del maestro coi discepoli. Il maestro è estasiato, vedendo i discepoli che si moltiplicano nella sua bottega. Egli sa di essere il modello per i suoi garzoni.

Ma se qualche allievo lo imita troppo bene e quindi minaccia di superare il maestro, quest’ultimo cambia atteggiamento. Comincia a mostrarsi diffidente, geloso, ostile. Egli, da quel momento in poi, farà tutto il possibile per sminuire e scoraggiare l’allievo troppo bravo. L’allievo non riesce a riconoscere, nel comportamento del maestro, i segni dell’imminente rivalità. Si accorge che il maestro lo tratta diversamente, pensa forse di dover migliorare, si impegna ancora di più e ottiene il risultato completamente opposto. La mimesi dell’allievo porta a questo e ad altri problemi. Satana è la personalizzazione di questo processo, cioè della mimesi.

Il colmo è che l’educazione ricevuta, da noi tutti, non parla minimamente di problemi di questo genere, anzi: ci invita ad impegnarci nel migliore dei modi, di seguire il maestro.

Nota di chi scrive: nella scuola di Palo Alto e con gli studi di Gregory Bateson (vedi bibliografia) sulla schizofrenia, una situazione del genere viene chiamata Doppio Legame. Il maestro infatti dice contemporaneamente imitami (a livello conscio) e non imitarmi troppo (a livello inconscio, sub liminale). I rudimenti di questa scuola risalgono agli anni ’60 e quindi praticamente nessuno ha ancora assimilato, a livello pratico, nozioni del genere.

Tutti gli studi della scuola di Palo Alto e di tutto il filone connesso, si sforzano di eliminare la mimesi destabilizzatrice. Solo rendendosi conto del contesto, come stiamo facendo noi, si può evitare la psicosi schizofrenica. Le pagine che riguardano questi argomenti sono bellissime (pgg. 368 e sgg.). Riportiamo solo l’esempio della madre che accarezza il figlio e quando il figlio le chiede: mamma, mi vuoi bene? la madre risponde, con freddezza: cosa vuol dire? In questa alternanza di calore e di gelo, il bambino, a lungo andare, può chiudersi a tutti i messaggi linguistici o presentare reazioni schizofreniche.

Tutto comincia, nell’ infanzia, con la rivalità per gli oggetti. L’oggetto passa al ruolo di oggetto conteso. Successivamente, potrà essere il ruolo stesso e non l’oggetto, ad essere conteso e così via. Il maestro di bottega, di cui abbiamo parlato prima, teme che il suo ruolo gli venga conteso.

Il capitalismo e la società liberale danno spazio ai fenomeni mimetici, in quanto concorrenza. Il valore dell’oggetto, o del ruolo, cresce in misura direttamente proporzionale alla difficoltà della loro acquisizione.

L’oggetto che diventa fonte di desiderio può essere un oggetto qualsiasi. Per diventare importante, tale oggetto deve essere desiderato dagli altri: questa è la vera e propria mimesi. Quanto più faticoso è conquistare l’oggetto e tanto più frustrante, avvilente sarà il processo stesso. Ripetiamo, l’oggetto in sé e per sé non ha un vero significato intrinseco: è desiderato dagli altri (o dall’ altro mio antagonista) e tanto basta.

Tale processo si estende al desiderio senza oggetto: un partner, un ruolo sociale. Qualunque cosa si desideri, in realtà, la si desidera per processi di imitazione, di mimesi.

Questi processi determinano anche le scale gerarchiche: più grande l’elencazione degli oggetti-ruoli-partners ottenuti e più alto diventa il posto occupato nella scala gerarchica. Non ci sono rapporti neutri: ci sono solo dominanti e dominati. La mancanza di elevazione gerarchica, corrisponde a nessun oggetto-ruolo-partner ottenuto. Questo impulso, irrefrenabile, non può non generare violenza.

Tutto ciò che ho ottenuto (e che pertanto mi ha incoraggiato), ha scoraggiato i miei doppi, i miei imitatori mimetici. Solo con dei ruoli gerarchici rigidamente assegnati, una volta, nei secoli scorsi, si evitavano questi problemi.

Come diceva Dostoevskij, un altro modo di vincere, è il seguente: per avere successo, basta dare l’impressione di averlo già (riprenderemo questo concetto verso la fine di questo articolo).

Naturalmente, abbiamo saltato quasi tutto: dovreste leggervi il libro, che è come una miniera.

In un nostro studio, Prometeo (pubblicato in questo blog), ad un certo punto parliamo del Triangolo Drammatico, con due persone che ruotano nel coprire tre ruoli: uno dei tre ruoli è quindi sempre scoperto.

I tre ruoli sono Vittima, Persecutore e Salvatore. Girard, con notevolissima lucidità, riprende il nostro concetto a pagina 406, con altri termini:

…nella messinscena dei suoi rapporti col modello da imitare, il soggetto può interpretare il proprio ruolo, che è quello della vittima e questo è masochismo. Può anche interpretare il ruolo del suo modello, che sino a quel momento per lui era stato il persecutore di cui lui era vittima e allora questo atteggiamento è sadismo. In questo momento, il soggetto ha avuto un transfert ed è diventato il suo ex-modello.

L’alternanza continua dei due ruoli diviene quindi un sado-masochismo nascosto, ovvero il ruolo del Salvatore, che in realtà è una figura negativa, perché vede sempre l’altro come non ok.

A pagina 408 e seguenti, Girard si occupa dell’omosessualità, attribuendone cause mimetiche analoghe. Preferiamo non parlare di questo argomento, che richiederebbe una trattazione che esula dallo scopo di questo scritto. Ne riporteremo solo le conclusioni di Girard: “L’omosessualità, mi creda, è voler essere quello che è l’altro.” Anche in questo caso la mimesi è coinvolta.

Narcisismo

Per dare un’idea di quanto validi siano questi modelli creati da René Girard, vediamo come il tutto si adatti anche al complesso fenomeno del narcisismo.

Prendendo lo spunto (ma non condividendo completamente) da quanto dice Freud, premettiamo che, nell’ infanzia, il bambino maschio vede come oggetto del desiderio la madre e, nella mimesi, sottovaluta sé stesso in quanto egli vorrebbe essere come il padre e per questo motivo lo vede come rivale da imitare: il padre ha conquistato sua madre e questo è esattamente quello che vorrebbe fare lui, pensando inconsciamente di eliminarlo fisicamente e ricavandone un senso di colpa. Egli quindi ha due oggetti sessuali da esplorare, da osservare, da analizzare: sé stesso in rapporto con la madre. Per avere delle fantasie sulla madre (io ti sposerò) necessariamente include sé stesso e quindi questa è la prima forma di narcisismo (mia madre capirà che io, per lei, sono meglio di mio padre, sono io il migliore). Analogamente si comporta la bambina, ovviamente invertendo i due genitori.

Tuttavia, nell’età dello sviluppo, il bambino maschio tende a dimenticare il narcisismo (per sé stesso), la bambina, invece, no… e questo, in modo particolare, se è bella.

La bambina bella tende ad ammirare sé stessa per il suo valore estetico e dà agli altri la sensazione eterea di essere inavvicinabile, enigmatica, in quanto non ha mai un interesse vero per l’altro possibile partner. La donna bella e narcisista non ha bisogno degli altri. Almeno così la interpreta chi la vede, irraggiungibile e, come sappiamo, questo scatena il desiderio. Forse un altro, migliore di me, avrà doti sufficienti per scaldare questa bellezza glaciale? Improvvisamente, egli si accorge di non valere niente. La bellezza, bella e fredda, non ha bisogno di concedersi e occupa una posizione libidica inespugnabile. Cerca e riesce, senza nessuna fatica, ad attirare i desideri maschili e soprattutto ci riesce sempre  perfettamente, più che con la sua bellezza, con questa sua indifferenza che per il maschio è straordinariamente eccitante ma anche irritante. Questo assieme di comportamenti viene anche definito civetteria. La civetta sa che per convincere gli altri a desiderarla bisogna che lei, innanzitutto, si desideri da sé. E il maschio pensa: “se desidera sé stessa, avrà i suoi buoni motivi: sa di essere perfetta e che nulla e nessuno è meglio di lei”.

Ma questo innesca il meccanismo della mimesi: per conquistarla, dovrei essere meglio di lei perché allora lei mi desidererebbe. Ah… come vorrei essere lei, per poter poi essere meglio di lei. Egli vorrebbe addirittura immedesimarsi nella civetta.

Come vedete, il gioco mimetico regola anche questo rapporto umano.

Se vi dovesse capitare una bella donna narcisista, (oppure, se siete donna, un uomo narcisista) non vi resta, per ottenere il successo e la conquista, che una sola strategia (che abbiamo riportato anche nell’esempio del chirurgo che esegue in sala operatoria il primo intervento): dovrete fingere il massimo narcisismo, facendo capire che non avete bisogno di nessuno e che siete in ammirazione assoluta di voi stessi. Il partner normale ha bisogno di un doppio ed infatti la vita di coppia suscita una lotta proprio per questo motivo. Ma voi dimostrerete di non aver alcun bisogno di doppi: di aver già raggiunta quella perfezione che spegne, in voi, la mimesi. Questo è il vero fascino che susciterete. Per la persona che vi ammira, corteggiare voi sarà come cercare di conquistare l’inconquistabile. Tutti, infatti, vorrebbero avere la ricchezza narcisistica: sarebbero al riparo dai desideri, perché non avrebbero più bisogno di averne.

In realtà, tuttavia, il narcisista si nutre e si accontenta dei desideri che orienta verso di sé ma, alla lunga, non otterrebbe altro che la solitudine. Comunque, è una buona strategia per vincere in amore, provvisoriamente: non può infatti durare per sempre, pena la solitudine.

Questo stato, di narcisismo, civetteria, apparente perfezione, in Polinesia viene chiamato mana. Tutti hanno il mana, chi più e chi meno. Nella scala della vita, dicono i polinesiani, chi ha più mana raggiungerà le posizioni migliori.

Resta assodato che chi ha meno mana proverà sempre un intenso, inconscio rancore nei riguardi di chi ne ha di più e della sua insolente inaccessibilità. La persona che ha il mana non si cura di nessuno e specialmente non si cura della persona che, vicino a lei, si comporta da persona schiava e le offre l’omaggio del suo desiderio.

Il narcisismo e la delinquenza potenziale.

Come dice Marcel Proust nel suo ‘Alla ricerca del tempo perduto’ (vedi bibliografia) un gruppo di bellissime ragazze sfila sul lungomare, tutte dotate di mana. Costituiscono uno spettacolo di desiderio unico. Siamo ai blue jeans, alla falsa trasandatezza: le fanciulle non sono criminali ma sicuramente sono sociopatiche (o son solo viste come tali?) perché per loro non esistono regole che riguardino gli altri, sono come quegli animali agili e astuti cui somigliano. Al di fuori, al di sopra, e soprattutto incuranti delle regole sociali (sociopatia, disturbo antisociale, NARCISISMO, mancanza di rimorso per il non aver rispettato le regole).

Proust dice che, nella sfilata, una delle sette ragazze gli lancia un’occhiata, accorgendosi della sua pur misera presenza. Ebbene, tale fanciulla perde immediatamente, agli occhi di Proust, gran parte del suo fascino. In questo ultimo passo di Proust, c’è tutto quello che volevamo dire.   Le altre sei, invece, continuano ad affascinarlo. Un’occhiata da parte della ragazza è stata sufficiente per estrometterla dai desiderî di Marcel Proust.

Per concludere, anche il narcisismo fa parte, che sia sociopatico o meno, di quel mondo umano che per ora (e certamente per moltissimo, lunghissimo tempo ancora) è basato sulla mimesi satanica, principio connaturato o quasi negli esseri viventi, non solo umani. Ma allora, in attesa dell’Apocalisse (la quale, ricordiamoci, sarà il nostro bene), le religioni della violenza sono inutili?

Dice Girard: “… la separazione assoluta tra la sola divinità vera e tutte le divinità della violenza, radicalmente demistificate dai Vangeli e da essi soltanto, non deve impedirci di riconoscere nelle religioni della violenza, pur sempre orientate verso la pace, dei mezzi utili all’ uomo per uscire innanzitutto dall’ animalità e progredire poi fino alle possibilità propriamente mai sentite prima, che ormai le si offrono, mescolate comunque ai più estremi pericoli.

Come riassumere, per chiudere questi appunti? Ci proviamo.

Tentativo di riassumere.

Un bimbo giovanissimo, che non può decidere da solo quale oggetto sia da desiderare, si affida, per la sua scelta, al desiderio di un altro essere umano, che viene da lui considerato, a torto o a ragione, un modello da imitare. Ciò fa sì che, immediatamente, il bimbo si trovi a desiderare l’oggetto desiderato dall’ altro essere umano, che lui ha deciso di considerare come suo modello da imitare (nei confronti del quale, potrà/dovrà esercitare la propria mimesi). Ci sono immediatamente due focalizzazioni mimetiche: una, costituita dall’ altro essere umano e l’altra focalizzazione, costituita dall’ oggetto che questo essere umano sta desiderando, prima che il bimbo, imitandolo, si adeguasse alla sua idea. L’istinto di vita si alimenta col raggiungimento del possesso dell’oggetto e l’istinto di morte si alimenta col desiderio inconscio di eliminare l’altro essere umano, che ora detiene l’oggetto conteso per imitazione. Questo innesca l’assassinio e le comunità hanno cercato, tramite la ritualizzazione sacrificale, di addolcire (se non addirittura di eliminare) il problema.

I Vangeli definiscono il desiderio mimetico satanico come  skàndalon = scandalo, dal greco pietra d’inciampo. Giovanni 2, 10-11: “Chi ama il proprio fratello dimora nella luce e non vi è in lui alcuno skàndalon (desiderio mimetico satanico) ma chi odia il proprio fratello cammina nelle tenebre e non sa dove va.”

Quando Gesù annuncia a Pietro la sua passione, nella chiave di lettura umana, che è quella di Pietro, Pietro interpreta le parole del Cristo come l’annuncio di un rito sacrificale mimetico, cioè uno scandalo, una mimesi satanica.

Matteo, 16, 22-23: Pietro, trattolo a sé, cominciò ad ammonirlo dicendo: “Dio te ne scampi, Signore! No! Questo non ti accadrà mai.” Ma Gesù, voltandosi verso Pietro, disse: “Va lontano da me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché i tuoi pensieri non sono quelli di Dio, ma quelli degli uomini.”

I pensieri di Pietro pensavano al sacrificio mimetico-satanico, e non pensavano al nuovo Dio dei Vangeli, immune da violenza. Gesù, come abbiamo visto, non poteva opporre alla sua prossima passione alcunché, senza sfociare nella violenza. Non poteva far altro che subire: qualunque reazione avrebbe dato ragione ai violenti e avrebbe perpetrato la nemesi della mìmesi, la maledizione.

Molto altro e molto altro ancora ci sarebbe da riportare: tuttavia, più o meno saggiamente, riteniamo che sia il caso di fermarci qui e di augurarvi una buona lettura.

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