Ricchezza [785]

In alto, gli anni di una persona, da 0 a 100. Nei primissimi anni di vita, l’Essere è il 100% e l’Avere è lo 0%. Poi, s’inizia la differenza: esponiamo le percentuali teoriche di chi punta il più possibile, consciamente o inconsciamente, sull’Avere. L’Essere è ipotizzato come se non potesse scendere sotto il 35%. Tuttavia, è un esempio, come tutto il grafico. S’ipotizza pure che l’Avere minimo segua la linea rossa.

Revisione del 1 dicembre 2020 – Consiglio: vogliate leggere, se già non lo avete fatto, i seguenti articoli a suo tempo pubblicati. Li riteniamo indispensabili per la comprensione di questo articolo numero 785.

Una ripetizione, in questo articolo, di quanto scritto nei precedenti scritti qui citati, sarebbe un controsenso. Sarete ripagati con una enorme soddisfazione.

(Fare click sui numeri per leggere gli articoli.)

615   627   629   631   633   637

Letti questi articoli, possiamo proseguire.

 Così ora, che avete letto i sei articoli citati,  sapete perfettamente cosa sia la mìmesi. La stessa  si potrebbe definire anche ‘spinta all’imitazione’: diremo invece, anche noi, mìmesi.

Da un punto di vista antropologico, l’essere umano è sempre venuto al mondo con la voglia di imitare l’altro. Il principio che spinge ogni individuo, fin dalla primissima infanzia, è il seguente: ‘Più cose saprò fare, tanto meglio mi conserverò e avrò soddisfatto nel modo migliore possibile  il principio di conservazione ed il principio di procreazione. Anzi, ogni volta che imparerò qualcosa di nuovo, sarò maggiormente elevato nella gerarchia umana e quindi mostrerò i denti per far capire che sarò più pericoloso di prima. Tutte le volte che imparerò qualcosa, mostrerò i denti (sorriderò) . Benché il tutto sia una ritualizzazione, in questi casi il sorriso è una minaccia, un avvertimento.

Inciso. Così succede quanto mi raccontano una barzelletta: sono col fiato sospeso perché non saprei come va a finire, ovvero, se toccasse a me, non mi conserverei molto bene perché non saprei l’esito… poi, arriva la conclusione! era talmente semplice… da questo momento, so una cosa in più e se mi dovesse capitare il fatto della barzelletta, sopraviverei. Allora mostro i denti (rido): temetemi più di prima! mi sto avviando verso il ruolo di migliore! non attaccatemi! avreste la peggio! anche le femmine se ne accorgeranno e preferiranno me! Fine dell’inciso.

 

 Se io so fare A e trovo uno che sa fare B, devo in qualche modo imitarlo, imparare subito, così saprò il mio vecchio A ed il nuovo B di costui: questo mi darà la possibilità di conservarmi ancora meglio e mostrerò le zanne (i denti) per far capire a tutti che mi devono temere più di prima. Quanto più in alto sarò, tante più femmine saranno a preferirmi e procreerò più figli, che è lo scopo ultimo, inconscio, della mia esistenza.

Questa è la mìmesi e ripetiamo che tutto ciò è innato. Si dà l’esempio dei due bambini di un anno che giocano in una stanza. Qualcuno ha messo a loro disposizione dodici palle rosse di gomma, identiche. Uno dei due bambini prende una palla qualsiasi. L’altro potrebbe prendere una delle altre undici… no! vuole proprio quella dell’altro bambino, non perché gli sembri migliore ma perché è sembrata migliore all’altro bambino! l’altro bambino avrà scoperto, chissà, qualcosa di migliore in quella palla… ebbene: la voglio io… proprio perché l’ha scelta l’altro e non so il perché…

Di esempi, ce ne sarebbero a centinaia. Questo comportamento innato dà origine alla violenza ed è, tra l’altro, il cancro dell’uomo dai tempi delle società umane primitive.

La mimesi genera l’invidia, anzi: praticamente è l’invidia. Si vede perfettamente che l’avere, il possedere, fa parte di questo processo.

Il mio amico Giuseppe viaggia in Ferrari… ogni volta che vado a casa, mia moglie me lo rinfaccia. Tu, non sei stato capace, guarda lui… se potessi eliminarlo (nell’inconscio, naturalmente)… e pensare che, in realtà, è peggio di me… che ingiustizia…

Il settimo, il nono e il decimo comandamento riguardano la mimesi e l’invidia (e riguardano l’avere, che fa sempre parte del processo).

  7) Non rubare. 9) Non desiderare la donna d’altri. 10) Non desiderare la roba d’altri.

Il decimo comandamento dell’Antico Testamento diceva: Non desiderare la casa del tuo prossimo; non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna del tuo prossimo.

Sembra abbastanza chiaro. Per la mimesi, sono spinto a rubare, se non ho quello che ha il mio prossimo. Se mi scoprono, probabilmente anche ucciderò qualcuno… e la mimesi darà il via ad altre violenze (violazioni delle leggi in vigore). Tutto per avere…

Nelle società primitive, il problema era sentitissimo perché al furto, all’adulterio o a quant’altro poteva seguire l’eventuale omicidio, con faide e vendette che, come dice la Bibbia, potevano andare avanti ‘per 77 generazioni’. Le stesse società avevano escogitato numerosissimi espedienti per evitare le catene di vendette che potevano distruggere la comunità. Ne abbiamo già parlato negli altri sei articoli citati e che dovreste aver letto.

Periodicamente, la comunità si accorgeva di essere violenta, cioè che i suoi componenti avevano violato le leggi: qualunque tipo di violazione delle leggi è violenza e questo ce lo dobbiamo ricordare bene.

I grandi sacerdoti trovavano allora un capro espiatorio, il quale doveva essere responsabile di tutti i peccati della comunità. Vediamone il meccanismo, alquanto sempliciotto, in verità.

Il grande sacerdote imbastiva su una storia qualsiasi e proclamava che il capro espiatorio (il re?) era, in definitiva, il responsabile ultimo del mal costume, del malaffare, aveva dato esempi negativi. Il suo sacrificio rituale (sacrificio = fare sacro) avrebbe interrotto tutte le faide, le vendette e così via: era tutta colpa sua… da quel momento, la comunità sarebbe stata purificata per sempre. Ma il ‘per sempre’, purtroppo, non era vero. Il capro espiatorio aveva dato sicuramente scandalo (pietra di inciampo che induce ad errare per la via malamente, da cui i termini errare ed errore). Lo scandalo, la pietra d’inciampo, è la mimesi che genera invidia e che induce a commettere altri reati (reato = violenza = violare la legge).

Gesù Cristo predica il regno dei cieli, dove non c’è la mimesi e quindi non ci può essere violenza. Gesù Cristo non ha, dentro di sé, la mimesi: Egli è qualcosa di diverso. In questo senso, è differente da noi mortali.

Satana, che semina pietre d’inciampo lungo le strade, sollecitando la mimesi, quindi l’invidia, è una fonte di scandali. Tutto ciò succede perché oltre all’essere, vogliamo l’avere.

Satana prende Gesù e lo porta in volo su di una montagna, Gli fa vedere una parte del mondo e dice: “Tutto questo sarà tuo se mi adorerai…” Ma Gesù nemmeno sa cosa vuol dire avere, mimesi, invidia, desiderio di possesso, di proprietà e risponde: “Vattene, perché sta scritto: non tenterai…”

La crocefissione è inevitabile se veramente vogliamo evitare la violenza. Subito prima dei Getsemani, quando i soldati romani stanno per avvicinarsi a Gesù, Simone Pietro estrae la spada per difenderlo. Gesù lo invita a riflettere: “Stai facendo come Satana, vuoi usare la violenza…”. Ma Simone Pietro non capisce, è troppo lontano col pensiero.

Proseguendo, dovremmo riscrivere gli articoli citati.

Affrontiamo invece i nuovi concetti collegati all’avere. Supponiamo che non si possa avere. Gran parte della mimesi, anche se non tutta, scomparirebbe. Se nessuno possedesse un’automobile Ferrari, tutte le invidie relative scomparirebbero. Questo non significa comunismo: significa che nella mente della persona saggia il verbo avere non dovrebbe nemmeno esistere oppure esistere per le cose strettamente necessarie. Se il saggio non ha assolutamente niente (secondo le Scritture, nemmeno una moglie, considerata allora un oggetto), nessuno gli invidierebbe alcunché… si potrebbe sempre invidiargli la filosofia che lo ha spinto a ciò ma si fa prima a copiare (altra parola proibita…): basta non avere.

Presso molti popoli primitivi (per modo di dire) il verbo avere nemmeno esisteva e tutt’ora non esiste. Recentemente, con lo sviluppo della modernità ed avendo, ad esempio, una casa, in tali lingue si dovrà usare il verbo ‘essere’ in una forma nominativo-dativa di cui al seguente esempio:

Questa casa è a me.

 Vediamo adesso come, in realtà, non si possa eliminare il verbo avere ma si possa tuttavia minimizzarlo, diminuendo ansie, invidie e quant’altro. Diciamo, per capirci, che nei primi uno o due anni di età il bambino sia esclusivamente posseduto dall’essere (Parte blu) del grafico. Solo verso i due anni la mimesi, la voglia di avere ciò che ha l’altro, comincia a farsi strada. A questo punto, le persone cambiano e cominciano a distinguersi. A 70 anni circa diciamo che, nella nostra società (cifra inventata) l’essere non sia meno del 35% e questo durante tutta la vita. Siccome anche l’avere ha un minimo (zona rosa del grafico) esiste una zona gialla che in realtà non esiste perché, a seconda della persona, sarà tutta celeste (essere) oppure tutta rosa (avere) o qualsiasi combinazione dei due colori. Questo crea la differenza fra gli atteggiamenti mentali di noi tutti.

Persone propense all’avere, in modo eccessivo.

Debbono possedere l’ultimo telefonino, l’ultima pelliccia e così via. Se non hanno mezzi abbondanti, sono comunque, sempre, in giro per i supermercati, per i mercatini, magari solo per sognare.

Se sono convinto di non valere niente, di non ‘essere’ un gran che ma posso portare una pelliccia lussuosa, darò a vedere che ho… pertanto, nella scala dei valori odierni, stabiliti dal consumismo, sarò qualcuno.

Notare che le aziende tendono a spingere questo atteggiamento, il consumismo, per il semplice motivo che ci guadagnano.

Persone propense all’essere.

Hanno l’indispensabile, leggono molto, non si può sottrarre a loro quasi niente. Non hanno niente, o quasi, che si possa rubare.

Una persona con molto essere giudicata da una persona con molto avere:

Non ha niente, non gli interessa niente, non si possono confrontare i telefonini, nemmeno le ferie… ma che vita fa? E sì che non è uno stupido… poi, fa discorsi… parla di Rousseau, di Nietzsche, io non so quasi neanche chi siano… dicono che abbia una biblioteca di quasi tremila volumi… mah!

 

Una persona con molto avere giudicata da una persona con molto essere:

Si tratta di uno dei soliti esseri vuoti che trovano soddisfazione nel comperare… null’altro… non distingue Cicerone da Platone… mah! Un ladro può rubargli tutto, a me un ladro non può rubare niente perché i mie libri nemmeno gli interessano.

 

Una persona con molto avere giudicata da un’altra persona con molto avere:

Sembra che abbia più di me, con la testa che si ritrova… sarà un disonesto, avrà rubato… non vorrai mica che io abbia perso la competizione!

Oppure:

Sembra che abbia meno di me… non gli rivolgo nemmeno la parola… ho vinto io, sono meglio di lui…

 

Una persona con molto essere giudicata da un’altra persona con molto essere:

Trovo molto piacevole conversare con lui: ha sempre degli spunti interessanti…

2 pensieri riguardo “Ricchezza [785]”

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