Balcani 1970 3 [930]

MilleLire
Lireta Mussolina, come diceva la pescivendola di Xilocastron.

Revisione del testo 28 settembre 2021 ore 12:00 Revisione delle immagini: 28 settembre 2021 – [segue da 929] – A Xilocastron, nel centro della cittadina, ci aggiriamo tra le bancarelle e ci fermiamo di fronte ad una bancarella di pesce che ha della merce meravigliosa.

Propongo di comperare branzini da fare lessi e tutti sono d’accordo. Ci mancano gli odori ma li troveremo. Mostro alla donna che vende il pesce che vorrei pagare con moneta italiana e dico alla pescivendola, in greco, se accetta lire.

La signora dice ‘oki[no] e scuote la testa dall’alto al basso, che in Italia è il gesto che significa ‘sì’ ma che in Grecia significa ‘no’: d’altronde, ha detto anche ‘oki[no].

Dico, rivolto agli altri: “Ha detto no…”

Salta fuori F2, che dice: “Ha detto di sì… ha mosso la testa dall’alto in basso!”

Ma la signora del pesce sembra che abbia capito e dice, rivolta a F2: “Oki lireta, ne drachmès… drachmès…[no alle lire, sì alle dracme].

M2, rivolto ad F2: “Pretendi di saperla lunga: vuole dracme.”

La signora del pesce, che ha capito, ora si rivolge a me, mostrando le mille lire che ha ancora in mano, con l’effige di  Giuseppe Verdi: “Kiryo… lireta mussolina?[signore… lire di Mussolini?]

Chiaramente,è memore dell’occupazione italiana …

Al che io rispondo “Ne lireta, ochi Mussolina… [Sì lire, no Mussolini…]

A quel punto, la signora dice: “Vrastó lavràki?[lesso branzino] cioè: “Lo fate lesso, il branzino?”

Io capisco che ha detto ‘branzino’ perché il branzino ha il nome scientifico di lupus labrax e i greci sostituiscono la b con la v.. quindi, risostituendo la b, labraki è come labrax… invece, Vrastó non so cosa sia: lo guardo sul dizionario, dove risulta ‘lesso’.

Rispondo “Ne[Sì, (faremo il branzino lesso)]

Allora, la signora da sotto il banco tira fuori delle verdure e dice: “Sto neró, vrastó[Nell’acqua, lesso]

Dico agli altri: “Dato che facciamo il branzino lesso, vuole darci gli odori…”

Paghiamo in dracme e chiedo alla signora un negozio che venda vino.

Ci fa cenno di andare ad un negozio di alimentari che si trova dall’altra parte della strada.

F1 ed F2 fanno la spesa completa per consentirci di mangiare in casa: pane bianco (buono), pasta (poca, perché carissima e inoltre risulterà, successivamente, di qualità scadente), riso (buono), olio greco (amarissimo), formaggi varî, tutti di pecora, pepe, sale, caffè (già macinato alla turca, in polvere sottilissima eccetera.

Vino rosso non ce n’è, perché, se di qualità media, per qualche motivo organolettico, si rovina facilmente. Il negozio non tiene vino rosso buono, ci dice il proprietario,  perché costa una enormità. C’è del vino bianco di due categorie: senza ‘retzina’ e con ‘retzina’.

La ‘retzina’ è la resina di conifere, che viene messa nel vino banco perché il clima è caldissimo e se il vino bianco non fosse di prima qualità diventerebbe subito aceto.  Il vino bianco senza retzina costa un occhio della testa, perché dovrebbe essere di qualità superiore, di alto grado (13 o 14 di alcohol svolto, almeno) e quindi non dovrebbe temere il clima.

Dato che solo io lo conosco, perché a Venezia si trova e i pescatori greci lo chiedono nelle trattorie, propongo di provare il vino bianco retzina, per conoscere meglio i costumi greci. D’altronde, a Venezia non si usa la resina per il bianco ma si usano le bacche di ginepro per cercare di salvare dall’acidità il vino rosso, che si chiama allora ‘bacaro’. La proposta, di prendere una bottiglia di vino bianco ‘retzina’, viene accettata. Prendiamo anche una bottiglia di brandy greco, di una marca molto conosciuta, che si chiama Metaxa: siccome fa 25 gradi, è una gradazione pericolosa perché si tende a berlo come il vino ma vino non è… è molto più forte…

Ritorniamo dalla signora Popi. Le cicale fanno il solito fracasso. Lasciamo la spesa in cucina e, in costume da bagno, ci rechiamo nella spiaggia libera, con una sabbia decente. La spiaggia è rivolta a nord: cosa strana per noi veneti e, guardando il canale di Corinto, cioè l’acqua, abbiamo il sole alle spalle.

M2 prende la rincorsa e si tuffa spavaldamente nell’acqua: lancia un urlo poco umano e salta fuori immediatamente, illividito dal freddo. Di solito, quando si entra in acqua, dopo un paio di minuti l’acqua non sembra più fredda. Nel Peloponneso, invece, non è così: forse sarà la corrente del canale, ma il freddo è insopportabile e dopo cinque minuti bisogna uscire per forza. Non abbiamo mai trovato un’acqua più gelida in nessuna parte d’Europa, nemmeno a Gibilterra, dove, come si sa, c’è una corrente freddissima che mette in comunicazione l’Atlantico col Mediterraneo. Fuori dall’acqua, il sole è molto forte e le cicale ti assordano… insomma, tutto eccessivo. Abbandoniamo la spiaggia e torniamo nella nostra cucina, per un primo collaudo.

F1 ed F2 preparano un piatto di pastasciutta con l’olio turco e con un formaggio pecorino stagionato che avevamo appena comperato. La pasta è una pasta greca, non troppo buona e l’olio greco è verde, pesante ed amaro. Il formaggio è buono, tranne che per F1, che non gradisce il formaggio di pecora.

Il vino bianco: non essendoci frigorifero, è caldo e la resina di pino fa il resto. Sembra di essere a colazione in una falegnameria. In compenso, i branzini lessi con il limone della signora Popi sono veramente un piatto eccezionale. Il pane aiuta molto nell’avere un poca di soddisfazione. Ci rendiamo conto che bisogna mangiare riso e pesce. La pastasciutta vale molto poco. Resta da provare a comperare un po’ di carne. Comunque, non moriremo di fame, perché c’è anche la generosa cesta di agrumi della signora Popi. Siccome l’acqua della giara è fresca, bisogna sapere come ha fatto la signora Popi: potremo così, anche noi, rinfrescare almeno il vino.

Al pomeriggio, decidiamo di fare una visita al centro e di bere qualcosa nel bar centrale.

Ci sediamo fuori, con un caldo asfissiante e notiamo che nella parte interna del bar non c’è il bancone! solo il retrobottega… veniamo così a sapere che, tranne ad Atene, dove, trattandosi di una città internazionale, ci sono bar come i nostri, in tutto il resto della Grecia non esistono bar col bancone all’ interno, come da noi: bisogna per forza sedersi fuori, anche d’inverno, benché, ovviamente, gli inverni siano particolarmente miti.

Notiamo un’altra cosa: gli avventori che siedono nei tavolini ordinano l’ouzo, che è una specie di anice in sostituzione dell’assenzio che si beveva nel secolo scorso, tossico e allucinatorio (che sa da anice), proibito in tutta Europa. Il cameriere porta un bicchiere di ouzo, un bicchiere di acqua fresca e un bicchiere molto capace, vuoto.

Si danno tre casi:

  1. Non hai ancora pranzato, sono le undici/dodici di mattina: versi nel bicchiere vuoto molta acqua e un poco di ouzo, facendo così un aperitivo. Non appena aggiungi l’ouzo all’acqua, la stessa diventa come un bicchiere di latte: perde di trasparenza.
  2. Stai mangiando come pranzo, dei mezé, che sono dei cicchetti, delle tapas molto sostanziose, con pesce, formaggio e così via, oppure un soutzoukakia (polpette al sugo, fatte con carne macinata di vitello con delle spezie profumatissime), oppure ancora dei souvlakia (carne e/o verdure grigliate su di uno spiedino oppure pescespada oppure pollo). O invece stai gustandoti un dessert, la mousakà (assomiglia alle nostre lasagne al ragù ma non c’è pasta e al posto della pasta ci sono delle melanzane): allora metterai nel bicchiere vuoto meno acqua e più ouzo.
  3. Hai già pranzato e vuoi un digestivo: metterai nel bicchiere vuoto tutto l’ouzo e un po’ d’acqua…

Ed ecco che con un solo tipo di consumazione puoi fare un sacco di cose… questi piatti che abbiamo elencato si trovano veramente dappertutto.

Baklava
Un dolce dell’ Europa sud-orientale: la baklava.

Noi quattro ci siamo mangiati il dolce che si chiama baklava: delle porzioni abbondantissime, anche per non lavorare troppo per la cena. Non si sa se di origini greche, turche, rumene o albanesi e non importa perché è molto buono: è un dessert ricco di zucchero (o miele) e frutta secca.

Domani vado a prendere, alle 11 ora greca, M3 ed F3 all’aeroporto. Verrà con me M2, per farmi compagnia e per ogni necessità. Comunque non potrà guidare perché non ha la patente internazionale.

Andiamo quindi a casa prestino, ceniamo con riso all’olio e formaggio pecorino come secondo. Beviamo del vino retzina che la signora Popi aveva messo nella fontana con il getto d’acqua non potabile. Ci raccomanda di lavare la bottiglia con un poca di acqua potabile e di asciugarla bene. Durante la cena, siamo onorati dalla presenza di un gattone soriano enorme, quello della signora Popi, il quale ci fa compagnia gustandosi un pezzettone di formaggio pecorino. Poi, si mette in braccio a F1 e fa delle fusa molto tranquillizzanti.

Sapremo poi che è indispensabile per i topi, che non mancherebbero in sua assenza. La signora Popi aggiunge di non dargli troppo da mangiare, altrimenti non prenderà più topi. Il gatto soriano è di una opinione diversa. Ci dice (tutti sanno che i gatti parlano greco) di non badare alla signora Popi e che noi possiamo dargli formaggio a volontà…

[Segue]

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