Chissà cosa vuol dire 2 [938]

Perplesso2
Da cosa deriva, possibilmente con precisione, questo modo di dire? Prosegue dal numero 937.

Revisione del testo: 18 ottobre 2021 ore 12:30  – Revisione delle immagini: 17 ottobre 2021. 

[segue dal 937] 

{Nell’ultima parola di ogni modo di dire, si trova un apice0 che rimanda ad una nota alla fine dell’articolo, la quale cerca di spiegare il modo di dire stesso. Sono omessi i modi di dire banali del tipo ‘mi faceva gli occhi dolci ’, dove il modo di dire si spiega da sé.}

A quel punto, persi le staffe17 e dissi: ”Morena, non vorrei passare per uno stinco di santo18 e riconosco che qualche volta ho fatto forse eccessivi complimenti alla fornarina. Questo non significa che io abbia fatto qualcosa di male. Voi donne siete sempre pronte a tagliare il tabarro19, se qualcuno fa un complimento ad un’altra donna. Io non sono nato con la camicia20: non ho il becco di un quattrino21 e non posso illudere una ragazza seria. Non ho mai fatto i complimenti a te, proprio perché ti ritengo una ragazza seria.  E tu, in cambio, mi prendi in giro22… cosa vuoi che ti prometta, ché non riesco nemmeno a sbarcare il lunario23…”

Morena mangiò la foglia24 ed ingoiò il rospo25. Cambiando di tono, disse gentilmente:

“Va bene… non vedo l’ora26 che tu ti laurei e che tu ti faccia una posizione…”

Me l’ero cavata: l’avevo fatta franca27? ero riuscito a sviare i suoi ragionamenti? imparai che non conviene mai uscire dai gangheri28: insomma, me l’ero cavata per il rotto della cuffia29… speriamo, comunque, che la prossima volta non mi rompa le scatole30 con lo stesso discorso, perché ormai mi sta venendo il latte alle ginocchia31.

SorciVerdi
1938: Raid transatlantico Roma – Dakar – Rio de Janeiro: un trimotore Marchetti dell’Aeronautica Militare Italiana,  con i ‘sorci verdi’, della 205.a squadriglia, dipinti sulla carlinga.

Le donne sono spietate, perché non pensano ad altro che al matrimonio e, se manchi di parola, ti fanno vedere i sorci verdi32. Se alla fine vuoi stare tranquillo, non ti resta altro che sputare il rospo33.

 

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Spiegazione delle note.

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  1. L’immagine ‘Perdere le staffe‘ trae origine dal cavaliere che, perdendo le staffe apposte al suo cavallo, perde anche l’equilibrio e quindi il controllo della situazione, rischiando una rovinosa caduta a terra. Se ci si adira, si perdono le staffe e si rischia una rovinosa caduta.
  2. Non essere uno stinco di santo’ si usa per indicare una persona che si comporta e agisce in modo non virtuoso, disonesto, insomma, una persona dalla moralità decisamente eccepibile. L’espressione deve la sua origine alla vistosa presenza di tibie e femori tra i diversi frammenti d’ossa appartenuti a corpi di personaggi santificati o beatificati e preservati dentro i reliquiari nelle chiese cattoliche. La tibia (stinco) e il femore (coscia) sono le ossa più lunghe del corpo umano e quindi si conservano meglio delle altre..
  3. Tagliare il tabarro’ equivale a ‘tagliare i panni addosso ad una persona’. Per fare un vestito, il sarto prima prende le varie misure del corpo, poi traccia sulla stoffa, con il gesso, il segno del taglio, infine imbastisce le varie parti e le prova sul corpo del cliente. Durante quest’ultima operazione, osserva con la massima cura il suo operato e comincia a tagliare la stoffa qua e là, al fine di correggere eventuali difetti. Allo stesso modo, metaforicamente, coloro che ‘tagliano addosso i panni’ a qualcuno, studiano nei minimi particolari la persona sulla quale puntano i loro strali per metterne in evidenza i difetti, le colpe, le debolezze e, su queste conclusioni, ‘imbastiscono’ i loro discorsi. Il tabarro era un ampio mantello a ruota, di stoffa pesante, che si usava al posto del cappotto.
  4. L’espressione ‘Nato con la camicia’ è, una volta tanto tra i modi di dire, un’espressione scientifica. Capita una volta ogni 80 mila nascite che un bambino nasca con la camicia ed è segno di fortuna per il seguente motivo: i bambini nati con la camicia sono quelli che nascono con il sacco amniotico integro; quindi, sono ricoperti da una membrana chiara, da cui il termine ‘camicia’. Vivono un parto più naturale e non si accorgono quasi di nascere: la nascita non li assoggetta ad alcun trauma. Già dopo la prima settimana dormono tutta la notte, sono sereni, crescono meglio dei bimbi che nascono da parti variamente accelerati, e hanno intelligenza e velocità di apprendimento migliori.
  5. Il becco di un quattrino: non solo non ha un quattrino, ma non ne ha neanche un pezzettino piccolissimo. Becco si intende, per l’ appunto, come un pezzettino piccolissimo, tolto dal quattrino stesso. Una sbeccatura della moneta.
  6. Prendere in giro: Si riferisce al vecchio gioco, più o meno come la mosca-cieca, dove la persona viene non solo bendata, ma fatta girare più volte su sé stessa, per confondere il suo senso dell’orientamento, così che non sia più consapevole di dove si trova esattamente. Chi è preso in giro è disorientato, confuso: crede una cosa, mentre la realtà è diversa.
  7. Sbarcare il lunario: Il lunario è un almanacco popolare che riporta i giorni ed i mesi dell’anno, i santi, le fasi lunari, le previsioni meteorologiche, le sagre, i mercati e le fiere, i precetti, i proverbi e le poesie in vernacolo, gli aneddoti di saggezza popolare. Però, ‘lunario’ significa anche, in senso esteso, un anno; quindi, sbarcare il lunario vuol dire riuscire ad arrivare in porto, barcamenandosi alla meno peggio, sino alla fine dell’anno. Arrivati in porto, si sbarca e, assieme a noi, sbarca anche il lunario (un anno è passato…).
  8. Mangiare la foglia: Significa capire una cosa al volo, intuire in anticipo, evitando in questo modo un pericolo. Sembra che il detto derivi dall’osservazione del comportamento animale, effettuata nelle civiltà contadine: il fiuto sviluppato e l’esperienza, per esempio, permettono alle mucche di distinguere le piante da pascolo buone da quelle velenose (come l’oleandro, velenosissimo; se provate a tirare una mucca, per la cavezza, verso un oleandro, si opporrà con tutte le sue forze). Bisogna capire in anticipo, riconoscere in anticipo, quale sia la foglia velenosa.
  9. Ingoiare il rospo: è un’espressione utilizzata piuttosto comunemente, che significa sostanzialmente accettare qualcosa di sgradevole o umiliante, possibilmente senza darlo troppo a vedere, perché non si hanno a disposizione altre vie d’uscita.
  10. Non vedere l’ora. Spieghiamo la trafila logica con un esempio: la prossima settimana potrò andare in vacanza, aspetto con ansia quel giorno; vorrei che fosse più vicino quel momento, vorrei averlo qui già adesso; quindi, non lo vedo ancora, ma vorrei vedere quell’ora lì e sono impaziente; vorrei vederla ma non la vedo; non vedo l’ora.
  11. Farla franca: La locuzione farla franca sembra che tragga le sue origini da un significato particolare dell’aggettivo ‘franco’, significato che ha una lunga serie di attestazioni, a partire dal XIII° secolo, nella lingua letteraria e soprattutto nella lingua burocratico-legale dei commerci: ‘libero, esente da impostazione o prestazione‘, come recita il Vocabolario della lingua italiana Treccani (sotto la voce ‘franco’, riferito sia a persone, sia a merci). Riportiamo dunque, traendola dal Battaglia, la frase del cronista Giovanni Villani (siamo nella prima metà del Trecento), interessante proprio perché per la prima volta mette in qualche modo in relazione il verbo ‘fare’ con l’aggettivo ‘franco’ (esente da imposizioni o prestazioni)’ relativo a persone: «Nel detto anno 1322, del mese di giugno, i fiorentini ordinarono una fiera in Firenze, di cavalli e di tutte cose per la festa di San Giovanni di giugno, la quale festa fecero franca ai forestieri otto giorni innanzi e otto giorni appresso». In buona sostanza, in quel lasso di tempo i mercanti forestieri (che venivano da fuori Firenze) non pagarono gabelle. In seguito, dal significato burocratico, legale e commerciale di ‘franco’, si svilupperà, per estensione, il significato di ‘franco’ nella locuzione che ci interessa e che sarà attestata molto più tardi nella lingua scritta (poco dopo la metà dell’Ottocento). ‘Farla franca’ significa quindi «uscire senza danno o pena da qualche rischio o da qualche azione illecita». Insomma, scampare alla gabella del caso o della legge.
  12. Uscire dai gangheri: Perdere la pazienza, adirarsi, perdere il controllo, dare in escandescenze. L’espressione deriva dall’immagine di una porta che, aprendosi velocemente (con vigore), esce dai cardini (= gangheri) ed ha, allora, un equilibrio imprevedibile.
  13. Rotto della cuffia: Deriva dall’antico gioco (o giostra) medievale, detta del Saracino o della Quintana. Il cavaliere in gara, lanciata al galoppo la cavalcatura, doveva colpire un bersaglio o infilare la lancia in un anello portandolo via, evitando contemporaneamente di essere abbattuto dall’automa girevole contro il quale si gettava. Se il braccio dell’automa, una volta che si era messo in moto, colpiva il copricapo (cuffia) del cavaliere, senza però abbattere quest’ultimo, si diceva che il cavaliere era uscito per il rotto della cuffia; insomma, che ce l’aveva fatta nonostante la cuffia fosse stata colpita o rotta. Quindi, il significato è: uscire da un pericolo per un nonnulla, quasi per un miracolo.
  14. Rompere le scatole: Indica una situazione di disturbo, causata, a volte, da inutili problemi. Il detto risale al periodo della Prima Guerra Mondiale, quando, prima di un assalto, i soldati venivano comandati di aprire le confezioni di cartone dove si trovavano le munizioni. Partire per una spedizione voleva dire correre il rischio di morire e, quindi, l’ordine di “rompere le scatole”, al quale seguiva un attacco contro le trincee nemiche, causava un senso di grande angoscia.
  15. Far venire il latte alle ginocchia: La sua origine è correlata alla pratica antica della mungitura che, prima di tutte le innovazioni tecnologiche (mungiture automatiche), veniva praticata manualmente e portava via parecchio tempo al mungitore. Egli si sedeva su uno sgabello di fianco alla mucca, si metteva il secchio del latte in mezzo alle gambe e iniziava a mungere finché il livello del latte non gli arrivasse alle ginocchia (ovvero, finché il secchio non fosse pieno). Era un lavoro che richiedeva molto tempo e molta calma: non ci si poteva spazientire. Da questa usanza è nato il detto ‘far venire il latte alle ginocchia’. In sintesi, fare un’azione ripetitiva per un tempo così lungo da arrivare a perdere la pazienza.
  16. Vedere i sorci verdi: Nel 1936, una squadriglia della Regia Aeronautica (per la precisione, la squadriglia 205) adottò come stemma tre sorci di colore verde (erano dipinti sulla carlinga degli aerei: vedere l’illustrazione pubblicata, più sopra). Era la prima squadra a utilizzare aeroplani trimotori ed i piloti erano abilissimi, tant’è che la squadra vinse moltissime competizioni, sia in patria che all’estero. Il regime fascista prese la palla al balzo ed esaltò moltissimo le imprese dei piloti italiani; chi ‘vedeva i sorci verdi’, quindi, correva il rischio di essere pesantemente sconfitto; da qui il proverbiale modo di dire.
  17. Sputare il rospo: Si utilizza tale frase quando si vuole sollecitare una persona a riferire, palesare ciò che, per diverso tempo, ha tenuto nascosto ed a sfogarsi. In genere, si tratta di verità sgradevoli ed ostiche, che vengono paragonate ad un rospo, il quale provoca ripugnanza ed avversione.

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