Coriandoli 49 [1109]

Koriandoli49Revisione testo : 3 maggio 2023 ore 10:00 – Revisione immagini: 3 maggio 2023-

100 mila chilometri ogni ora è una buona velocità. In un’ora si eseguirebbe due volte e mezzo il giro della Terra.

Confrontiamo 3 casi:

a 100.000 km all’ ora Alla velocità della luce.

(300.000 km al secondo)

Fare il giro della Terra 24 minuti 13 centesimi di secondo
Raggiungere il Sole 62 giorni e mezzo 8 minuti
Raggiungere la stella più vicina (Proxima Centauri) 48600 anni 4 anni e mezzo

Per ora, la velocità massima raggiunta da un razzo è stata 252792 km all’ora dalla sonda Helios 2 nel 1976.

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Filastrocca per ragazzini.

A Piove di Sacco,
se piove, di fatto,
non c’è più quel secco
e ciò ch’è più grave
andando sul Piave,
vicino alla pieve,
che sta sulle grave,
se aspetti che piova,
l’attesa ti giova,
perché, sul più bello,
la tesa e il cappello
si bagnano anch’essi,
vicino ai cipressi,
vicino alle grave,
sul greto del Piave.

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Ninna nanna friulana, di una tristezza profonda.

Sdrindulaile, sdrindulaile ché bambinute
che si torni, che si torni a indurmidì.
Jè jevade, jè jevade la biele stele,
son tre oris, son tre oris denànt dì.

Une volte, une volte tu èris biele,
blanche e rosse, blanche e rosse come un fior.
E cumò, e cumò tu ses patide,
consumade, consumade dal dolor.

Cullatela, cullatela questa bambinella
che torni ad addormentarsi…

Si è alzata la bella stella…  sono tre ore…

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La bella addormentata nel chiosco.

La notte precedente il fattaccio, la giornalaia aveva fatto le ore piccole. Per compensare la stanchezza, pensò bene di addormentarsi all’interno del chiosco dei giornali. Arrivò il principe azzurro a strisce gialle che fece man bassa di quanto contenuto nell’edicola. E sì che erano amici… ma vale il proverbio: nel chiosco, amica mia non ti conosco.

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Gli stivali delle sette leghe. Reminiscenze letterarie.

Le sette leghe non erano la distanza percorsa ma i nodi fatti sulle stringhe per non perdere le calzature. Sette nodi per stivale. In tutto quattordici (abbiamo moltiplicato per due). Nodi dei miei stivali! con lo stivale, ogni scherzo vale. Tutti gordiani… solo Alessandro poteva scioglierli… ma s’era ingrassato… era diventato Magno…

Stivale: scarpa per accedere alla stiva di una nave. Stivale navale.

Lo stivale della fiaba permetteva di percorrere sette leghe in un istante.

In francese antico, gamba si diceva anche estive, da cui estival. Non c’entra niente con festival.

Lo stivale d’Italia… non si può dire ‘Italia dei miei stivali’. Caso mai, ‘Italia del mio stivale’.

Italia del mio stivale,
nel periodo invernale,
fa più freddo che d’estate
e si accorcian le giornate.
Cavalloni in alto mare,
somarelli al casolare.

Da cui ora si arguisce
che il cavallo che nitrisce
se annusasse un sal nitrato
ben sarebbe disprezzato.

In modo compìto
lui vuole un nitrìto.

Nitrato di cavallo, nitrato d’argento
che vale cinque cento
ma profuma sotto vento,
così, che l’odore
si senta in Cadore,
così che l’olezzo
arrivi ad Arezzo.

Guittone, Guittone,
poeta furbone,
ti svegliasti un mattino
con Pietro Aretino,
s’ alzò al pomeriggio
nel sole di maggio,
e il buon Jacopone,
di Todi campione,
gridava giulivo
chi mai me t’ha vivo?
e con tono più assorto
chi mai me t’ha morto?
e del passaporto?
che dire oramai?

Carta, penna e calamai.

Calamai? no, calamari
mezzi scuri e mezzi chiari…
son gli scuri le persiane?
non direi, sono le indiane
ma non son le pellirosse:
son di Dehli, con la tosse.
Per risparmio sulle tasse
sono sempre con la tosse.

Fanno stringere anche il cuore
Ma non serve e sai perché?

Questa la diciamo con aria funebre e senza rima,
sperando che appassisca prima.

Due sono le cose che non si possono evitare, riassunte in una: la morte
delle tasse.

Il colmo è tassare la morte ma non ci siamo distanti.

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Un vicentino si recò in val di Chiana per comperare dei buoi della famosa razza chianina.
Nessuno voleva vendere niente al povero vicentino. Perché… donne e buoi dei paesi tuoi.

Sua moglie, infatti era vicentina. Quindi, non era chianina, anche s’ era carina.
Aveva però una tosse canina: la prese in cantina di prima mattina.

Per non tornare a mani vuote, comperò del baccalà e lo portò alla moglie.

Da cui, il famoso piatto: baccalà (portato) alla vicentina. Quando poi i vicentini cominciarono a prepararsi il merluzzo sotto sale da soli, volevano chiamarlo baccaquà ma non se ne fece niente perché intervenne la protezione animali.

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Una storia analoga è quella di Promèteo che aveva sposato una veneziana. Non una serranda da balcone ma una donna. Quando gli dèi lo condannarono per oltraggio e vilipendio ai vigili del fuoco, l’aquila maschio che gli strappava il fegato lo portava alla di lui moglie (di Promèteo, non dell’ Aquila, caso mai di Campobasso).

Da cui il famoso fegato (portato) alla veneziana.

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Se per pura ipotesi il Napoli non dovesse vincere lo scudetto, nelle pizzerie viciniori ci sarebbe un nuovo piatto nel menù: Stizza alla napoletana. A proposito, siccome quando leggono il menù, assonante con meno, molti pensavano di dover stare a dieta dimagrante, un pizzaiolo, parente di Canavacciuolo, ha scritto sotto la parola Menù: ‘Chi mangia Menù, mangia di più.’

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Ancóra: divertimento letterario (il postino lo fa ogni giorno).

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
ove il mio corpo fanciulletto giacque.
Oh, donna mia,
che te specchi nell’acque
che vanno a Bolgheri in duplice filar,
tre volte sulla polvere,
tre volte sull’altar,
però sul greco mar.

Fu vera gloria?
Altro dirti non vò:
vuolsi così colà, dove si puote
e si riscuote ciò che si volle,
suonando in bemolle.

Distrusse un taglialegna un po’ marrano
l’albero cui tendevi la pargoletta mano,
protesa verso l’ultimo saluto,
pugno di ferro, guanto di velluto.

Ahi, serva Italia,
di dolore ostello:
se non vituperassi,
sarei senza cervello.

Quanto somiglia il tuo costume al mio:
entrambi comprati in magazzino,
(come sa ben chi legge Il Gazzettino)
il tuo sul rosa,
il mio sul celestino:
festeggeremo con un bicchier di vino.
Li esibiremo in spiaggia,
in quel di Portofino.

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La cantante.

Cantami o diva,
del pelìde Achille
l’ira funesta,
odo augelli far festa
e la gallina in su la via,
assieme al poeta Zaccaria,
che ripete il suo verso.

Per quanto perverso
ti sembri ch’io sia,
voi dite la vostra
che ho detto la mia.

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L’alcoolizzato.

L’alba si vede dal mattino.
La Parietti si mangia un formaggino.

In nessuna maniera
l’alba si vede di sera.

L’ubriacone festeggia
ogni mattina
la nascita del sole (sempre che nasca. (N.d.a))
con un’ombra di rosso
che profuma di viole.

‘Giunto alla sera,
buon tempo si spera.’
diceva un gommista,
perenne ottimista.

Ma giunta la sera
si va all’osteria,
si beve di nuovo, per fare allegria.

Ma bevi e ribevi,
che cosa accadrà?
che una cirrosi
ti seppellirà.

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Canzoncina dell’anarchico bevitore:

Senza vin nero, non si può stare:
bisogna bere, bisogna bere.
Senza vin nero, non si può stare:
bisogna bere, per poi mangiare.

Sono stato sul Monte Amiata,
dov’è morto Gesù Cristo,
anche Lui era socialisto
e morì per la libertà.

Rèquie scànti pàce àme.

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E chi più ne ha, più ne metta ma senza la fretta.

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