Capitalisti 2 [916]

Capitalisti2
Capitalista. Disegno di Ernesto Giorgi ©.

Revisione del testo: 17 agosto 2021 ore 15:00 – Revisione immagini: 17 agosto 2021 – Forse è opportuno riepilogare i termini che stiamo usando:

Capitalismo è il concetto di puntare tutto sull’avere e non curarsi dell’essere: c’è chi arriva ad avere qualcosa e costui viene definito capitalista  o, meglio,  capitalista in corso di formazione; cioè, continua a cercare di avere di più. Costui ha un’invidia positiva: si confronta con gli altri e vuole migliorarsi. Non si cura minimamente dell’essere, se non per caso o in rari momenti. In realtà, un capitalista è perennemente in corso di formazione.

Poi, c’è l’anticapitalista: costui vorrebbe essere capitalista ma non ne ha avuto l’opportunità o non ne è stato capace. Come la volpe e l’uva di Esòpo, critica ferocemente i capitalisti ma… appena si dovesse presentare l’occasione… farebbe carte false per diventare capitalista anche lui.

Poi, ci sono le mosche bianche. Rari individui che pensano all’essere. A costoro daremo il nome di Diogene.

Diogene
Alessandro Magno, involontariamente, fa ombra a Diogene che vive in una botte, a Corinto, nel Peloponneso.

Diogene di Sinope, detto il Cinico (412 a.C. circa   – 323 a.C.) era contemporaneo di Alessandro Magno. Non era un capitalista certamente ma si poteva sospettare che fosse un anticapitalista, cioè un invidioso fallito che viveva nella rabbia di avere. E invece a Diogene, dell’avere, non importava niente e ora lo dimostrremo.

Il termine “cinico” deriva dalla parola greca κύων (kyon – “cane”) – soprannome di Diogene, che ne fu l’esponente più importante. I cinici professavano una vita randagia e autonoma, indifferente ai bisogni e alle passioni, fedeli solo al rigore morale (davano importanza all’essere e non all’avere). Dopo un periodo di declino, la scuola cinica ebbe una ripresa in concomitanza alla corruzione del potere imperiale di Roma: si fece appello allora alla libertà interiore e all’austerità dei costumi.

Diogene, resosi conto che la vita è un dono che vale la pena di godere beatamente, viveva in una botte con qualche straccio e qualche frutto da mangiare. Era conosciutissimo per la sua strana filosofia in tutta la civiltà greca.

Alessandro Magno, re di Macedonia e conquistatore della Grecia, venne a Corinto appositamente (si dice…), dove Diogene viveva e volle conoscerlo. Andò da lui e lo trovò che stava disteso al sole, appena fuori da una botte che era la sua casa.  Al giungere di tanti uomini, Diogene si levò un poco a sedere per rendersi conto delle situazione e guardò fisso Alessandro. Questi lo salutò e gli rivolse la parola, dicendo che lo stimava profondamente, che il suo nome era ormai una leggenda ed infine gli chiese se avesse bisogno di qualcosa: lo avrebbe accontentato in qualunque richiesta umanamente esaudibile.

Come si vede dall’illustrazione, Alessandro s’era involontariamente messo tra Diogene e il sole, per cui il filosofo disse: “Veramente, sì… avrei una richiesta da farti: scostati un poco dal sole, mi stai facendo ombra”. A tale frase, si dice che Alessandro fu così colpito e talmente ammirò la grandezza d’animo di quell’uomo, che pure implicitamente lo aveva disprezzato, che mentre i compagni che erano con lui, al ritorno, deridevano il filosofo e lo schernivano, disse: “Se non fossi Alessandro, io vorrei essere Diogene”. Quella risposta di Diogene, che chiedeva di stare al sole, era la prova che al filosofo cinico non interessava minimamente l’avere…

Questo brano su Diogene è di Plutarco, nel suo testo ‘Vite Parallele’, ‘Vita di Alessandro Magno’, 14.

Cogliamo l’occasione per riferire che Diogene Laerzio, a differenza di Plutarco, dice che, successivamente, forse irritato dalla mancanza di rispetto, Alessandro, per farsi gioco di lui che veniva chiamato “cane”, gli mandò un vassoio pieno di ossi e lui lo accettò ma gli mandò a dire: “Degno di un cane il cibo, ma non degno di re il regalo”.

Abbiamo posto le basi della differenza tra chi si interessa dell’essere e chi si interessa dell’avere. Naturalmente, l’anticapitalista recita la parte di colui che non è interessato minimamente all’avere ma, prima o poi, si può tradire. Inevitabilmente, la morale, che è una caratteristica di chi punta all’essere, viene quasi sempre ignorata da chi punta all’avere.

Gli anticapitalisti sono quindi un caso astioso, invidioso e rancoroso di capitalismo. Non riescono a parlare di altro che di capitalismo, criticandolo.

Un uomo che punta all’essere dovrebbe ricercare la felicità come unico fine; una felicità che è una virtù, e al di fuori di essa sussiste un disprezzo per ogni cosa che richiama comodità e agi materiali effimeri. I cinici erano famosi per la loro eccentricità e disobbedienza alle regole sociali impostegli. Oggi come oggi, è talmente vero che siamo in un periodo che punta all’avere, che il termine ‘cinismo’, che punta all’essere, ha assunto una connotazione negativa.

Ma quali valori hanno i capitalisti e gli anticapitalisti? i loro valori sono evidenziati dal fatto che il capitalismo annulla qualsiasi gerarchia che non sia quella del denaro.

Il capitalista, ai suoi figli non può lasciare altro che ciò in cui egli crede: altri valori e la moralità possono benissimo essere messi in seconda fila.

Scriveva Disraeli, ministro inglese: “C’è una differenza tra le rivoluzioni dell’Inghilterra e le rivoluzioni del continente: le rivoluzioni in Europa sono una lotta contro il privilegio; le rivoluzioni inglesi sono una lotta per esso.”

Facciamo notare che, nel 2021, per quanto il Movimento 5 Stelle si fosse dichiarato apertamente anticapitalista e a favore dei poveri, è andata a finire, sulle orme di Grillo, che si trattava di pura ipocrisia, più o meno conscia. Sta di fatto che il vero problema si è poi rivelato la voglia di denaro: che sarebbe stata normale se i grillini non si fossero fatti eleggere predicando il contrario. C’è quindi da riflettere sul reddito di cittadinanza che, più che essere un aiuto per i poveracci, sembra essere stato una elargizione per portare a casa più voti. Ricordiamo che gli autobus vennero usati dai deputati grillini solo nella primissima settimana, per poi rifugiarsi nelle auto blu, da loro tanto vituperate: un classico, per l’invidioso anticapitalista…

Per il capitalismo moderno, la mancanza di istruzione delle masse, come per i comunisti, non è un male. La mancanza d’istruzione tende a livellare le masse e a renderle più uniformi e sensibili al consumismo più sfrenato e superfluo. Vanità.

Se fosse necessario dimostrare ancora una volta l’errore fondamentale di Marx, basti dire che egli profetizzava un peggioramento sensibile, evidente, del tenore di vita della classe operaia. Dice Marx che il capitalismo non può far star meglio gli operai: ma non fu così… gli operai, in seguito, migliorarono notevolmente il loro tenore di vita e quindi tutto questo  ha vanificato l’idea di fondo di Marx.

Egli dice, infatti:

“La lotta per i migliori salari è del tutto inutile ma bisogna lottare per tenersi in esercizio…per essere pronti…” se riflettete su questo, vi rendete conto delle teste che oggi sostengono queste cose: lottare non per raggiungere un obiettivo ma per tenersi in esercizio… per essere pronti a cosa se, come dice Marx, non c’era prospettiva alcuna? un contro senso. Sembra così di capire il perché di certe manifestazioni sindacali, apparentemente inutili:: sono solo, come dice Marx,  un’esercitazione…

Vero, invece, che gli operai hanno cominciato a star peggio da quando gli anticapitalisti di sinistra sono andati al potere (1992) ed hanno trasferito molta parte del potere d’acquisto della classe lavoratrice alle rendite politicizzate: “Bot con interessi, società monopolistiche senza concorrenza con prezzi imposti, pensioni a 40 anni per gli amici degli amici, anche se costoro hanno versato contributi ‘figurativi’, cioè niente, rubando così gli accantonamenti di chi lavora. D’altronde, l’unico obiettivo era distruggere la borghesia creandone un’altra, sempre borghesia, perché il marxismo non dà altri obiettivi oltre a quello di distruggere il capitalismo. Marx non ha detto cosa si darebbe dovuto fare in caso di vittoria, perché era il primo a non credere in ciò che predicava. Non analizza quindi neanche lontanamente la possibilità che la classe operaia vada al potere. Lotta senza speranza e basta.

Il fatto è che gli operai non sanno la matematica e non si rendono conto di quanti quattrini di pensione siano stati a loro rubati da chi ci governa.

Scegliere quindi tra elezioni e cooptazione.

Con le elezioni potremmo avere ogni volta una classe dirigente nuova, di idee politiche diverse dalla precedente, la quale difficilmente accetterà di non cambiare qualcosa . Questo darà impossibilità di fare piani a medio e lungo termine, come nell’Italia del dopoguerra. In questo modo, comandano le masse, le quali non sono preparate.

Con la cooptazione abbiamo la chiamata, da parte dei probi viri, dei migliori cervelli. Abbiamo la possibilità di fare delle programmazioni a medio e lungo termine. In realtà, vediamo che nell’Unione Europea la cooptazione c’è già, senza tuttavia essere perfezionata, perché usa apparentemente le leggi della democrazia.

Ma l’Unione Europea ha delle idee sue e non vuole saperne di idee diverse. I burocrati di Bruxelles NON sono stati eletti. La situazione, d’altronde,  si evince dagli aiuti economici: è stato detto chiaramente che gli aiuti verranno dati solamente a chi ha le idee dei burocrati di Bruxelles.  A questo punto, piuttosto che una democrazia ipocrita, con elezioni che non servono a niente, è meglio fare delle leggi adatte ad una cooptazione riconosciuta ufficialmente.

Di democrazia, ne riparleremo fra 2000 anni, dopo che la gente sarà andata a scuola.

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